Harold e Maude

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Questa rubrica è nata per trattare il connubio (non sempre felice) tra letteratura e cinema, raccontando di film tratti da capolavori della scrittura. Ecco, credo che in questa particolare categoria “Harold e Maude” (film del 1971, regia di Hal Hashby, attori protagonisti Ruth Gordon e lo sconosciuto Bud Cort) rappresenti un piccolo miracolo.

Perché contrariamente a quanto spesso accade, la trasposizione cinematografica riesce addirittura ad essere migliore del libro da cui prende spunto. “Harold e Maude” che nei gloriosi seventies fu un vero e proprio oggetto di culto, poggia su basi solidissime quali una sceneggiatura sopraffina, un’agile regia, una coppia di attori perfettamente calati nella parte e dulcis in fundo, una colonna sonora targata Cat Stevens, che accompagna più che egregiamente la sequenza delle immagini. Piccolo inciso. Il libro, in edizione tascabile Garzanti, del 1973, andò quasi subito esaurito.

Ricordo che verso la fine degli anni settanta ne scovai una pila in una libreria Remainders, dove i libri fuori catalogo venivano venduti a prezzi stracciati: comprai tutti quelli che riuscii a racimolare. E quell’anno risolsi in tal modo la barbosissima questione dei regali natalizi alla folta schiera di amici.Harold-and-Maude

Tornando al film (e al libro), la storia è semplice, lineare nel racconto e al contempo complessa per i risvolti psicologici che i fatti narrati comportano. Harold è un anziano diciottenne dell’alta borghesia americana, ossessionato dall’idea della morte: inscena (dimostrando peraltro un’altissima competenza scenografica) una serie di finti suicidi per ferire e destabilizzare la granitica madre (granitica nella routinaria convenzione borghese), partecipa a funerali di sconosciuti, bazzica frequentemente cimiteri e sfasciacarrozze, ama guidare carri funebri  cui trucca il motore potenziandolo, è apatico e depresso.

Maude è invece una fresca e brillante adolescente di ottant’anni, anarchica, ribelle, viva in ogni sua espressione. L’incontro tra queste due anime, opposte nell’approccio all’esistenza, porta a ciò che i mistici cinesi chiamano “compimento del Tao”.

A questo impossibile rapporto (nel film, volutamente ambiguo in alcuni momenti, si lascia indovinare anche l’unione fisica tra i due) cercano di opporsi in ogni modo la morale dell’epoca (di ogni epoca) e i suoi custodi più strenui, racchiusi nel trinomio “Dio, Patria e Famiglia”: il prete, che si dice disgustato da quel legame per lui inconcepibile e contro natura, lo zio militare e fascista con la sua visione schematica e ristretta del mondo, la madre schiacciata dal peso del “cosa penserà la gente?”.

Persino lo psicanalista, con tanto di foto presidenziale di Freud alle spalle, si trova spiazzato e mostra tutti i limiti della sua scienza quando esclama: “… una nevrosi molto comune, particolarmente in questa società in cui il bambino maschio, nel suo subconscio desidera giacere con la madre; in questo caso quello che mi rende perplesso, Harold, è che invece tu voglia addirittura dormire con tua nonna”.

Un film bello, appassionante (che ho già visto un’infinità di volte e che di tanto in tanto sento il bisogno di rivedere), che faceva e fa riflettere, un film utile in uno scorcio di tempo in cui l’incontro tra diversi, anzi tra opposti viene visto con timore, un momento, il nostro, incapace di cogliere l’immensa ricchezza che può germogliare dalla combinazione di culture, gusti, esperienze, sapori diversi.

“Harold e Maude” poi, tornando al Tao, ci mostra come dalla morte possa sbocciare una vita nuova, una vita di cui il protagonista, racchiuso nella sua gabbia/crisalide di convinzioni borghesi, ignorava le infinite bellezze e potenzialità.

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Giuseppe Ciarallo, molisano di origine, è nato nel 1958 a Milano. Ha pubblicato tre raccolte di short-stories, "Racconti per sax tenore" (Tranchida, 1994), "Amori a serramanico" (Tranchida, 1999), "Le spade non bastano mai" (PaginaUno, 2016) e un poemetto di satira politica dal titolo "DanteSka Apocrifunk – HIP HOPera in sette canti" (PaginaUno, 2011); ha inoltre partecipato con suoi racconti ai libri collettivi "Sorci verdi – Storie di ordinario leghismo" (Alegre, 2011), "Lavoro Vivo" (Alegre, 2012), "Festa d’aprile" (Tempesta Editore, 2015); suoi componimenti sono inclusi in varie raccolte antologiche di poesia: "Carovana dei versi – poesia in azione" 2009, 2011 e 2013 (Ed. abrigliasciolta), "Aloud – Il fenomeno performativo della parola in azione" (Ed. abrigliasciolta, 2016), "Parole sante – versi per una metamorfosi" (Ed. Kurumuny, 2016), "Parole sante – ùmide ampate t’aria" (Ed. Kurumuny, 2017). Scrive di letteratura e non solo su PaginaUno e Inkroci, collabora con A-Rivista anarchica e Buduàr, rivista on line di umorismo e satira. Fa parte del collettivo di redazione di "Letteraria/Nuova Rivista Letteraria" e "Zona Letteraria – Studi e prove di letteratura sociale" fin dalla fondazione.

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