Gloriana Orlando – L’impari lotta tra la Mente e il Sonno

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Il Sonno è fragile, timido, delicato, sempre pronto a farsi da parte per assecondare le esigenze di chicchessia. Non è un tipo che sa imporsi, e tutti si approfittano di lui. La Mente in special modo è la sua tiranna, e con la propria sicumera lo tiene continuamente sotto scacco. Il Sonno come vi dicevo, è arrendevole ed è sempre pronto a fare tutto quello che la Mente gli richiede. Per esempio, la sera è piena di energie e ha voglia di macinare pensieri su pensieri, di tutti i tipi: ora gioiosi, gratificanti e piacevoli; ora tetri, cupi e angosciosi. Fatto sta che lo lascia per ore e ore dietro la porta. Ha un bel bussare, il povero Sonno, ma lei non vuole saperne di lasciargli il campo, finché, fattosi ormai irrimediabilmente tardi, lui non trova la forza di alzare finalmente la voce: «Queste sono le mie ore, quelle che mi spettano di diritto, e tu non puoi continuare ad assottigliarle giorno dopo giorno. Basta, vattene una buona volta!».
Persino lui si sorprende della propria audacia quando ha il coraggio di sbottare in questo modo, e alla fine la Mente, un po’ umiliata, si ritira in buon ordine. Ma non perde occasione per fargliela pagare, e con gli interessi! Per un paio di sere se ne sta tranquilla per i fatti suoi – manda addirittura qualche pensiero rilassante per favorire l’arrivo del suo eterno rivale – e poi, quando il Sonno meno se l’aspetta, zac, nel bel mezzo della notte simula il suono della sveglia.
Io, che rappresento il malcapitato terreno di scontro dei due contendenti, mi sveglio all’improvviso e, con gli occhi impastati e le membra intorpidite, cerco il pulsante per arrestare quel suono odioso. Credo di esserci riuscita, mi rigiro ancora un po’ nel letto per cercare di riattivare tutte le funzioni vitali e… “Ma perché stamattina mi pesa più del solito alzarmi? – mi chiedo tra sbadigli incontenibili – Ci dev’essere un tempaccio, guarda che cielo scuro, non c’è nemmeno un po’ di luce nel cortile, sembra notte. Verrà giù un acquazzone di sicuro”. Mi faccio il caffè, tosto il pane e, nel prendere il latte dal frigorifero, mi cade lo sguardo sull’orologio appeso alla parete proprio lì dietro. “Ma come… aspetta, non vedo bene, dove diavolo ho messo gli occhiali? Mi sembrava quasi… non ci vedo proprio più… ecco fatto. Ma sono le tre e mezza! Perché quella dannata sveglia ha suonato in anticipo? Maledizione, ieri sera avrò sbagliato a puntarla. E certo, avevo un tale sonno…!”. Prendo la sveglia in mano, controllo: è puntata sulle sette e mezza, come tutti i giorni. E il pulsante? Il pulsante è normalmente sollevato. Ma allora cos’è successo? Me lo sarò sognato, il suono della sveglia. Eppure era così realistico… sembrava proprio vero!
Ecco, questo è uno degli scherzi che mette in atto la Mente per vendicarsi delle giuste rimostranze del Sonno. Un altro, molto più sbrigativo, consiste nel mandarmi qualche incubo tremendo, tanto tremendo che il Sonno, per non farmi più soffrire – è sempre tenero con me, il Sonno, che caro – preferisce ritirarsi in buon ordine e lasciarle il campo. Ma si sa, lo dice anche la Bibbia: “Guardati dall’ira dell’uomo paziente”, e così il Sonno accumula, accumula e poi, all’improvviso, l’esplosione. La Mente aveva preso la pessima abitudine di cacciarlo verso le tre, tutte le notti. Senza tante cortesie lo spingeva via e lui, come al solito, non era capace di reagire, si limitava a dire sommessamente “Questo non è giusto, non puoi farlo, è il mio periodo, perché non mi lasci in pace?”, ma lei continuava imperterrita, notte dopo notte, senza dare spiegazioni.
Io ero ridotta a una larva, perché quello stupido del Sonno non era capace di riprendere il suo territorio una volta che lei lo aveva allontanato, e la lasciava libera di scaricarmi addosso valanghe di pensieri senza tregua. Alla fine non ce la facevo più e mi ero decisa ad andare dal medico per farmi prescrivere delle pillole per dormire. Per il Sonno questa sarebbe stata l’ennesima sconfitta, un’ulteriore umiliazione che sarebbe rimasta nel suo curriculum come un’altra macchia indelebile. Non poteva permetterlo. Così, quella notte, prese il coraggio a quattro mani e si acquattò nell’ombra, aspettando che la Mente, puntuale come un cronometro svizzero, si presentasse con i suoi pensieri per svegliarmi. E quella arrivò tutta pimpante con il ricordo della bruciante delusione che giusto quel pomeriggio mi aveva avvelenato l’anima. La stava già risvegliando nel mio pensiero quando il Sonno balzò fuori dal suo nascondiglio e l’agguantò alla gola. Colta di sorpresa dall’insospettabile iniziativa del suo pavido rivale, non seppe reagire, non riuscì a scrollarselo di dosso. Lui continuava a stringerle la gola fino quasi a soffocarla.
Inevitabilmente io mi svegliai e mi trovai ad assistere a una violentissima lotta. Sembrava uno di quei telefilm d’azione che ci propina la tivù: lei rantolava e si dibatteva, lui non mollava la presa. Ad un certo punto caddero tutti e due per terra e cominciarono a rotolarsi sul pavimento, ma lui non la lasciava. Io seguivo la scena tra il divertito e il preoccupato: mi meravigliava oltre ogni dire la reazione del Sonno, e soprattutto la determinazione che lo spingeva a continuare, implacabile. La Mente mi faceva persino pena: vederla ansimare in quel modo e invocare la pietà del Sonno mi aveva toccato l’anima e mi aveva fatto dimenticare tutte le angherie di cui, per mesi, ero stata vittima. La sua voce strozzata che implorava «Ti prego, fermati, non respiro più» mi spinse a intervenire. Tirai il Sonno per una manica gridando: «Lasciala, non vedi che la stai uccidendo?». Ma lui era sordo alle mie parole. Non sapevo più cosa fare e nello stesso tempo cominciavo a pensare con seria preoccupazione che anche quella notte era ormai perduta. Chi si sarebbe più potuto riaddormentare dopo tutte quelle emozioni? “E dire che domani avevo un importante colloquio di lavoro… Ci arriverò più rincitrullita del solito” conclusi con amarezza tra me e me.
Il Sonno, intanto, non aveva ancora lasciato la presa. La Mente era ormai cianotica, le vene del collo gonfie da far paura, e a un certo punto, di sicuro allo stremo delle forze, disse: «Va bene, va bene, hai vinto, la lascerò dormire da domani in poi…». Ma il Sonno intervenne con tono perentorio e disse: «Non da domani: da subito, devi cominciare da subito».
All’improvviso mi sentii rilassata, tornai a letto a fatica, feci appena in tempo a stendermi e a pensare: “Che sensazione piacevole… il tepore del letto”. Il Sonno aveva vinto la sua battaglia per amore mio, la Mente aveva già cominciato a riversare su di me piacevoli pensieri di benessere, di serenità… laghetti incastonati tra le rocce, ruscelli che scorrevano argentini, fruscio delle fronde mosse dal vento, la risacca… che sonno, dio mio che sonno…

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Gloriana Orlando ha insegnato per diversi anni “Materie Letterarie e Latino” nei licei di Catania, sua città natale, dove tuttora vive; adesso si dedica a tempo pieno alla scrittura, collaborando con alcune riviste culturali. Ha pubblicato una decina di romanzi, tra cui “Profumo di papaveri”, tradotto in rumeno, “Quizás quizás quizás. Un romanzo epistolare”, “Alienor, facebook ergo sum” sul mondo della comunicazione virtuale, “E noi sull’illusione...”, un giallo psicologico, “Il filo del tempo”, con cui ha vinto il Premio Internazionale Nino Martoglio, “Un inconfessabile segreto”. Numerosi racconti sono entrati a far parte di importanti antologie tra cui “Saluti a Dickens”, pubblicato in tre lingue, inglese, italiano e bulgaro dalla casa Editrice Scalino di Sofia. Tra i numerosi saggi pubblicati, “La ricerca di una via d’uscita dallo sgomento di vivere” ha partecipato al Premio Letterario Nazionale Sebastiano Addamo. Il saggio su De Roberto dal titolo “Dalla Beata Ximena a don Blasco. Figure di religiosi ne ‘I vicerè’ è stato inserito nel IV volume di un’antologia della critica dal titolo “Letteratura e Sacro”, edito da Bastogi Libri. Nel V volume della stessa antologia è stato inserito il saggio dal titolo “Italo Calvino: il ‘broglio metafisico’ di uno scrutatore”. Dallo spagnolo ha tradotto “Libro de los regresos” di Daniel Salguero Díaz, “Un regalo de Navidad rojo” di Reynold Pérez Vásquez.

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