Il linguaggio dell’innocenza
Ci si può innamorare a otto anni?
La risposta è dentro le pagine di questo piccolo libro. E le parole utilizzate dall’autore non sono solo quelle dello scrittore, né quelle dello psicologo, tantomeno quelle di un clown. Howard Buten nella realtà è tutte queste cose, ma in questa opera letteraria é anche molto di più: è il traduttore fedele e miracoloso dei pensieri di un piccolo uomo rinchiuso in un ospedale psichiatrico dal mondo omologato e triste degli adulti.
La narrazione è condotta dal protagonista in prima persona saltando, alla maniera dei bambini, fra i ricordi sbriciolati della sua vita e il presente limitato dalle sbarre dell’istituto.
La cifra stilistica di questo capolavoro non passa dalla finezza della scrittura, non si nutre di citazioni colte, ma si staglia nella sobrietà essenziale delle cose reali. Il racconto vive della sensibilità delicata di Burt, il piccolo protagonista che, senza rendersene conto, si innamora in maniera assoluta della coetanea Jessica.
Letteratura di alto livello, a tratti disturbante per la crudezza di alcune situazioni, ma di una dolcezza quasi intollerabile.
“Ma non è forse questo quello che voi grandi chiamate amore?”.