Giuseppe Ciarallo – Psychomarket

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L’uomo, preceduto da un gigantesco carrello

vuoto che sembra trascinarlo più che essere spinto da lui, cammina lentamente lungo il chilometrico corridoio. Posa mestamente lo sguardo sul pavimento lucido quasi a voler quietare la sensazione sempre più ossessiva di essere spiato.

Il lunghissimo androne è completamente deserto. E vuote sono anche le innumerevoli arterie che con la frequenza di ogni paio di metri partono dal corridoio principale per andare a perdersi nell’infinito. Un rumore alle sue spalle fa fermare l’uomo. Si gira di scatto. Niente. Riprende il lento cammino come fosse una via crucis, sempre più cosciente di non essere solo. Imbocca (lui? il carrello?) una delle tante corsie ai lati delle quali lunghe file di scaffali sembrano scoppiare di oggetti di ogni tipo. L’uomo, con angoscia, guarda la merce spiarlo. L’angoscia diventa terrore quando, come in preda agli effetti della psilocibina,  scopre che gli scaffali ricolmi si muovono seguendo il ritmo del suo respiro. Quando lui espira, le scansie ai due lati si piegano, si sporgono sopra la sua testa fin quasi a toccarsi, formando su di lui un tunnel soffocante. Inspirando, tutto torna come prima.

L’uomo resta in apnea per qualche secondo,

fermando così l’incubo. Diventa paonazzo, sputa violentemente tutta l’aria che ha nei polmoni e ogni cosa sembra crollargli addosso per poi ricomporsi miracolosamente alla nuova, inesorabile, liberatoria boccata d’aria.
Come un condannato intento a scontare la sua pena si trascina nel dedalo, lui, un Teseo spaurito. Una bambola di finta porcellana incrocia il suo sguardo, inclina la testa con gesto meccanico e si blocca in quella posizione, collo spezzato, a fissare gli occhi sbarrati dell’uomo, il quale, terrorizzato, affretta il passo in una improbabile quanto inutile fuga. Alle sue spalle una salva di risate. Si gira di scatto, col fiato sospeso. Immobilità assoluta. Una sorta di follia si impadronisce di lui. Comincia a correre spingendo (o trascinato da) l’infernale aggeggio. Al suo passaggio, oggetti di ogni tipo si tuffano nel carrello riempiendolo fin quasi a scoppiare. Il suo passo si fa faticoso man mano che la zavorra aumenta il suo peso. Suda l’uomo. Suda e piange. La camicia gli si è incollata alla carne e i suoi occhi fissano l’incubo che lo assilla attraverso un filtro di acqua salata che gli brucia lo sguardo.

Poi un’improvvisa esplosione di luci,

colori e profumi. Migliaia di bottiglie allineate su un pianale come soldati di un esercito impazzito si stappano rumorosamente con floppate di champagne, riversando fiumi di liquido sul pavimento. Il corridoio è ora un mar Rosso da attraversare. Un mar Rosso che non riconosce l’autorità del suo Mosé, e tutto fa tranne che ritirarsi per lasciar passare l’uomo, il quale perde l’equilibrio, casca e s’inzuppa, tenta di rialzarsi per tornare goffamente a scivolare e bere fin quasi ad annegare.
In un fragore di schegge le bottiglie esplodono e sulla testa dell’uomo volano pezzi di vetro, proiettili impazziti e assassini che, al culmine della loro parabola , ricadono al suolo come neve di cristallo. L’uomo respira affannosamente. A un tratto, come un’agognata visione, davanti a sé scorge il rapido avanzare di una persona la quale spinge, anch’essa, un carrello semivuoto. La guarda con sollievo. Non è solo, dunque. Forse è salvo! Poi un’altra persona. E un’altra ancora. Quello che fino a un istante prima era un deserto, diventa un luogo affollatissimo. Si guarda intorno. Gente, tanta gente. Un mucchio di gente. Un fottio di gente.

Troppa gente.

Il brulichio che si sente addosso lo atterrisce. Ognuno pesca con bramosia dagli scaffali, scagliando ogni cosa in quei mostri orribili dalle bocche smisurate che si gonfiano, come se vivessero di vita propria, per contenere più roba possibile. La gente sembra impazzita, inebriata, in preda a una parossistica esaltazione. Proletari di tutto il mondo uniti nell’orgasmo della merce!
L’uomo comincia a correre urtando corpi a destra e a manca, tenta di divincolarsi dal suo carrello, ma l’operazione gli risulta impossibile, quasi che questo fosse oramai una parte inscindibile del suo corpo. Non può, semplicemente. È come se provasse a liberarsi di un braccio, o di una gamba. Correndo, continua a svuotare il suo carrello, ma ad ogni oggetto che scaraventa via, ve ne sono tre che si tuffano a pesce centrando perfettamente il container maledetto.

L’uomo, esausto,

si ferma sconsolato, vinto nell’impari lotta; gira lo sguardo su una parete del lungo corridoio. C’è una colonna a specchio. Lo specchio gli rimanda l’immagine di un corpo massiccio, pesante. E il viso, che lentamente, molto lentamente esce da una zona d’ombra, mostra dapprima il naso, poi occhi sfondati e una bocca triste, infine il suo tratto distintivo, inequivocabile: la mosca sotto il labbro inferiore. Con sgomento si riconosce. Non c’è dubbio, è proprio lui: l’acquirente.

FINE

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Giuseppe Ciarallo, molisano di origine, è nato nel 1958 a Milano. Ha pubblicato tre raccolte di short-stories, "Racconti per sax tenore" (Tranchida, 1994), "Amori a serramanico" (Tranchida, 1999), "Le spade non bastano mai" (PaginaUno, 2016) e un poemetto di satira politica dal titolo "DanteSka Apocrifunk – HIP HOPera in sette canti" (PaginaUno, 2011); ha inoltre partecipato con suoi racconti ai libri collettivi "Sorci verdi – Storie di ordinario leghismo" (Alegre, 2011), "Lavoro Vivo" (Alegre, 2012), "Festa d’aprile" (Tempesta Editore, 2015); suoi componimenti sono inclusi in varie raccolte antologiche di poesia: "Carovana dei versi – poesia in azione" 2009, 2011 e 2013 (Ed. abrigliasciolta), "Aloud – Il fenomeno performativo della parola in azione" (Ed. abrigliasciolta, 2016), "Parole sante – versi per una metamorfosi" (Ed. Kurumuny, 2016), "Parole sante – ùmide ampate t’aria" (Ed. Kurumuny, 2017). Scrive di letteratura e non solo su PaginaUno e Inkroci, collabora con A-Rivista anarchica e Buduàr, rivista on line di umorismo e satira. Fa parte del collettivo di redazione di "Letteraria/Nuova Rivista Letteraria" e "Zona Letteraria – Studi e prove di letteratura sociale" fin dalla fondazione.

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