I Project sono immensi complessi di case popolari tipici delle metropoli statunitensi: vere e proprie città dentro la città, densissimamente popolate e fatalmente destinate a trasformarsi in ghetti abbandonati dalle istituzioni e dominati dalla criminalità. Superfluo dirlo, in questi “progetti urbani” vivono soprattutto afroamericani o sudamericani. La vita è dura, i palazzi sono in rovina, gli inquilini si arrangiano come possono e la speranza è la prima a morire.
John Figueroa inanella una serie di racconti destinati a comporre un mosaico poliedrico della vita in uno di questi ghetti, partendo dagli anni Settanta e spingendosi fino al 2030, quando la speranza, forse, potrà rinascere dalla distruzione. Grazie alla propria esperienza diretta, l’autore riesce a mettere in scena la realtà con crudezza e senza buonismi, smascherando i vari aspetti dell’onesto e del marcio che si può trovare in questi quartieri. Il tratto originale di Kirk Albert, con un bianco e nero dinamico e preciso, rende perfettamente l’atmosfera del luogo.
Non sempre i singoli episodi sono particolarmente significativi, ma nell’insieme l’opera riesce nel proprio intento provocatorio, politicamente carico, di smuovere la coscienza dei lettori.
Un piccolo sasso lanciato nello stagno dell’indifferenza delle istituzioni. Lodevole.