Luciano Emmer (Milano, 1918 – Roma, 2009) è un avvocato mancato che si dedica al cinema anima e corpo, cominciando dai documentari artistici prodotti con l’amico Enrico Gras (Dolomiti Film è la loro casa di produzione) fino al 1957. Il suo primo film importante è il primo lungometraggio: Una domenica d’agosto (1949), che dà vita alla commedia balneare e al neorealismo rosa, genere più spensierato e leggero del neorealismo in senso stretto ma sempre legato ai canoni della vita quotidiana, del racconto sincero ambientato nel primo dopoguerra.
Le ragazze di Piazza di Spagna (1951) è un altro affresco d’epoca interessante, vero e proprio neorealismo rosa che, parlando d’amore e tradimenti, racconta un’Italia appena uscita dalla guerra (senza mai nominarla, si badi bene) che sta lentamente ritrovando una dimensione vitale.
Emmer prosegue con la sua poetica negli altrettanto riusciti Parigi è sempre Parigi (1951), nel bozzettistico Terza liceo (1953) e nel fondamentale Camilla (1954), che racconta la borghesia italiana con lo sguardo di una domestica, tutti capisaldi del neorealismo sentimentale. Un altro film molto importante di Luciano Emmer – forse l’ultimo – è La ragazza in vetrina (1960), vero e proprio trattato sociologico sul mutato comportamento degli italiani partendo da due emigrati che passano il fine settimana con due prostitute.
Pupi Avati è tra i pochi a ritenere Emmer un grande regista, per questo lo chiama a filmare le sequenze iniziali e finali di Sposi (1987), come una sorta di omaggio, una consacrazione a un pioniere della commedia minimalista. Lavora fino al 2009 – anno della sua morte – in televisione e per la pubblicità. Resta famoso come l’inventore della sigla di Carosello e come regista di moltissimi spot pubblicitari di grande presa sul pubblico.
Le ragazze di Piazza di Spagna è una storia raccontata da una voce narrante – come oggi spesso accade nelle commedie di Virzì -, quella di un professore (lo scrittore Giorgio Bassani) che ogni giorno vede le tre ragazze protagoniste del film (sartine di una casa di moda) sedere sulle scalinate della piazza per fare colazione, oppure nelle giornate di pioggia le incontra in una vicina latteria. Tre storie corrono parallele: Marina (Bosé) tenta la strada dell’indossatrice contro la volontà del fidanzato (Salvatori), rischia di non sposarsi, litiga con una rivale che fa la corte al ragazzo ma tutto finisce per il meglio; Elena (Greco) viene presa in giro da un fidanzato che tiene il piede in due staffe, tenta il suicidio, infine conosce un bel tassista (Mastroianni) e si sposa con lui; Lucia (Bonfanti), visto che è piccolina, si fa corteggiare solo da uomini molto alti (ma poco intelligenti), quindi accetta l’amore di un fantino (Milani), piccolo di statura ma innamorato da sempre. Molto toccante la storia collaterale tra la madre vedova di Elena (Gloria) e un ferroviere vedovo (Eduardo De Filippo), contrastata ma a lieto fine.
Un film così ben fatto che il remake televisivo del 1998 ha palesato tutta la sua inutilità, perché basta rivederlo per capire come sia invecchiato bene e come sia in grado di comunicare la sua modernità. Luciano Emmer realizza uno spaccato in diretta della vita anni Cinquanta, dei rapporti familiari, delle relazioni di coppia e del mondo del lavoro, narrando una storia semplice, a tratti anche drammatica ma con risvolti da romanzo rosa.
Le ragazze di Piazza di Spagna non è un fotoromanzo, perché la sceneggiatura di Sergio Amidei (collaborano Karin Valde e Fausto Tozzi) presenta una buona profondità intellettuale e un interessante scavo psicologico dei personaggi. Francesco Maselli è assistente alla regia, buon allievo di cotanta scuola, ché Emmer – a parte quel che afferma certa critica miope – è stato uno dei nostri più grandi registi del dopoguerra; ed è anche tra gli scopritori della bravura di Marcello Mastroianni – qui doppiato da Nino Manfredi -, anche se in questo film si vede soltanto nei dieci minuti finali. Lucia Bosé – la Miss Italia 1947 – è bella e brava in un ruolo da procace e dinamica protagonista, così come Ave Ninchi è una madre perfetta e il suo personaggio serve per raccontare l’importanza della donna nella famiglia italiana (al tempo, di solito, numerosa) e il ruolo di massaia che deve far quadrare i conti. Renato Salvatori è al primo film, un giovane talento scoperto che diventerà presenza immancabile nel ruolo tipico di povero ma bello.
Un film che fa compiere un salto nel tempo di quasi settant’anni e che ci mostra come siamo cambiati, tra le domeniche passate al giardino zoologico, a ballare nei poveri locali all’aperto, a sorbire un’amarena o un gelato in una latteria, fino a veder correre una gara di ciclismo in periferia. Emmer racconta il corteggiamento, i fidanzati che attendono le ragazze all’uscita dal lavoro, il pranzo a casa della futura suocera, la vita dei quartieri popolari, le liti tra vicini, le serate passate a sentir cantare stornelli e canzoni tutti insieme, prima dell’avvento dell’apparecchio televisivo. Un mondo diverso, forse più naturale, forse incomprensibile per un giovane di oggi.
Regia: Luciano Emmer. Produzione: Astoria Film. Soggetto e Sceneggiatura: Sergio Amidei. Collaboratori alla Sceneggiatura: Karin Valde, Fausto Tozzi. Fotografia: Rodolfo Lombardi. Aiuto Operatore: Alfredo Palmieri. Assistenti ala Regia: Virgilio Sabel, Francesco Maselli. Architetto: Mario Garbuglia. Montaggio: Jolanda Benvenuti. Fonico: Mario Amari. Direttore di Produzione: Giorgio G. Agliani. Musiche: Carlo Innocenzi (orchestrazione di motivi di vari autori), Nello Seguirini (direzione orchestra). Edizioni Musicali: Nazionalmusic (Milano). Canzone: Le Ragazze di Piazza di Spagna (Mario Ruccione). Modelli e Interni Sartoria: Casa Fontana. Teatri di Posa: Centro Sperimentale (Roma). Pellicola: Ferrania Pancro – C7. Registrazione: Fono Roma. Negativi e Positivi: Tecnostampa. Interpreti: Lucia Bosé, Cosetta Greco, Marcello Mastroianni, Eduardo De Filippo (partecipazione straordinaria) Ave Ninchi, Leda Gloria, Liliana Bonfatti, Renato Salvatori, Giorgio Bassani, Franco Brunoni, Galeazzo Benti, Mario Guarnacci, Fernando Milani, Mario Silvani, Antonino Spitali, Agnes Von Rosen. Anno: 1951