La mossa del pinguino è il primo film di Claudio Amendola regista, girato nel segno della tradizione del nuovo cinema italiano a base di genitori inadeguati, crisi di coppia, figli più adulti dei padri, eterni adolescenti che non vogliono crescere e improbabili avventure. Amendola e i suoi sceneggiatori (Leo, Alberico, Di Martino e Natella) hanno il solo merito di aver scoperto il curling prima della vittoria olimpica, quando in Italia solo poche persone conoscevano l’esistenza di questo sport su ghiaccio.
Il regista segue le vicissitudini di Bruno (Leo), sposato con Eva (Inaudi) e genitore irresponsabile di Yuri (De Laurentiis), vittima di truffe su internet e ideatore di imprese folli per cercare di svoltare, di dare un senso alla sua vita. L’ultima trovata lo vede coinvolto con Salvatore (Memphis), amico di sempre, per organizzare una squadra di curling e partecipare alle Olimpiadi. La folle impresa viene gestita insieme a Ottavio (Fantastichini), un vigile in pensione, e Neno (Fassari), uno strozzino di borgata (inutile dire che tra i due non corre buon sangue, ma visto il tono del film ben presto diventano amici). La storia ruota attorno alla famiglia di Bruno e ai problemi economici, tra la ricerca di una casa e un lavoro stabile per un padre che ne combina di tutti i colori, mentre la madre è più responsabile e lavora in un supermercato. Salvatore deve occuparsi del vecchio padre malato (il grande doppiatore Sergio Fiorentini) che un giorno si suicida gettandosi dalla finestra, mentre Ottavio gioca a bocce e vive un rapporto teso con l’ex moglie – che ha lasciato perché irresponsabile – e Neno passa le giornate al biliardo del bar. Tra allenamenti, litigi ed eventi che modificano la vita, il gruppetto di sbandati giunge alla semifinale per le olimpiadi, in quel di Pinerolo, dove prova ad aggiudicarsi almeno un punto grazie alla mossa del pinguino, ideata dal figlio di Bruno.
Fiction televisiva travestita da cinema, fotografata in modo anonimo, sceneggiata a colpi di assoluta prevedibilità, dotata di una colonna sonora ai limiti dell’irritante, ben ambientata in una Roma periferica e nel lungomare di Ostia, nonché nel finale a Pinerolo, con buona ricostruzione del modo di vivere dei primi anni Duemila. Dialoghi ricchi di frasi stile Baci Perugina, impaginazione da romanzo d’appendice con una spruzzatina di telenovela colombiana, con tutto il rispetto per i fotoromanzi sudamericani. Vorrebbe essere un film sull’amicizia, sulla difficoltà ad assumersi le proprie responsabilità per prendersi cura di una famiglia, sull’accettazione della propria situazione sociale. Resta un tentativo fallito che dipinge un protagonista troppo sprovveduto e idealista per essere vero, una storia che non fa né ridere né piangere, non è commedia, tanto meno dramma, solo un prodotto imbarazzante.
Edoardo Leo e Ricky Memphis recitano così male che in alcuni casi è difficile persino capire quel che dicono; meglio i comprimari Fassari e Fantastichini (il solo vero grande attore del film), abbastanza bene Inaudi come moglie delusa e affranta, si salva il ragazzino (De Laurentiis) per spontaneità. Sergio Fiorentini (1934-2014), grande doppiatore e buon attore del cinema italiano, è alla sua ultima apparizione: morirà poco dopo, al San Camillo di Roma, anche se usciranno altri due film postumi con la sua partecipazione. Resta una delle poche presenze felici (insieme a Ennio Fantastichini) di un film sbagliato, da evitare, tra le cose peggiori del nuovo cinema italiano… pure se di concorrenza ce n’è tanta.