Cugini carnali

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Cugini carnali (1974, regia di Sergio Martino) è un film che un tempo era quasi introvabile, andava reperito sul mercato dei collezionisti, adesso non più, viene programmato persino sui canali satellitari. In ogni caso vale la pena vederlo, non vi fidate dei giudizi sommari dei soliti critici paludati.

La pellicola è scritta e sceneggiata dal regista con la collaborazione di Sauro Scavolini e Fernando Popoli. Le musiche, intense e melodiche, sono di Claudio Mattone, il montaggio di Eugenio Alabiso e le ottime scenografie di Franco Calabrese. La fotografia di Giancarlo Ferrando realizza uno spaccato di ambiente meridionale davvero eccellente. Aiuto regista è niente meno che Michele Massimo Tarantini, un autore che farà grandi cose nel campo della commedia sexy. Il film è prodotto da Carlo Ponti per Champion Cinematografica e distribuito da Interfilm. Interpreti: Alfredo Pea, Susan Player, Riccardo Cucciolla, Hugh Griffith, Rosalba Neri, Claudio Nicastro, Mauro Perrucchetti, Fiorella Maselli, Vera Drudi, Carla Mancini, Renzo Marignano, Edda Ferronao, Raf Baldassarre, Loredano Solimani, Lia Tanzi, Ennio Colaianni e Franca Marchionne.

La storia è ambientata in maniera egregia in un paesino della Puglia, durante una calda estate che Sergio Martino tratteggia con realismo e abbondanza di particolari. La pellicola mostra il sudore dei protagonisti, il vento caldo che muove le fronde degli olivi, le strade bianche e bruciate dal sole. La trama si snoda e udiamo il rumore delle cicale, il canto dei grilli nei prati, il ronzare delle mosche. Tutto questo fa parte del mestiere di un ottimo regista, ma anche il direttore della fotografia Giancarlo Ferrando fornisce un’immagine vera del Sud. Le scenografie di Franco Calabrese fanno il resto e non sono mai immagini da cartolina turistica, ma riprendono trulli, spiagge renose, scogliere a picco sul mare e distese di olivi.

L’ambientazione è uno dei maggiori pregi di un film capace di creare un’atmosfera simile a Malizia di Samperi. Martino si sofferma anche sui volti dei personaggi, in una ricerca quasi pasoliniana di tipologie meridionali. Sono i volti di un’Italia povera e rurale, le espressioni del Sud, di gente impegnata nel lavoro dei campi che passa il tempo libero al bar, in piazza, nelle feste di paese e, la domenica, si raduna in chiesa per la messa.

La storia è molto semplice ed è quasi un classico della commedia sexy di ambientazione familiare. Hugh Griffith è un perfetto barone di Roccadura, innamorato delle donne, che sente vicina la morte e deve lasciare il titolo nobiliare a un nipote imbranato come Nico (Alfredo Pea). Il barone non sopporta il padre di Nico (un diligente Riccardo Cucciolla), preside di scuola che fa il moralista ma è un uomo molto vizioso. La madre del ragazzo è un’abbondante Edda Ferronao, perfetta donna del sud succube del marito e timorata di Dio. Alfredo Pea caratterizza bene il ragazzino imbranato che legge le poesie lussuriose di Catullo dedicate a Lesbia, guarda le puttane per strada e sogna di avere rapporti con le donne. La serva di casa è Rosalba Neri, poco utilizzata in un ruolo secondario, che si mostra subito al ragazzino in una posa maliziosa con calze nere e gambe scoperte, mentre passa lo straccio.

L’ambiente familiare è ben costruito con una serie di flash sulla casa padronale, per mostrare un perbenismo di facciata in contrasto con le situazioni che seguiranno. L’arrivo della cugina sconvolge le abitudini di Nico e mette a soqquadro la vita familiare. Vediamo la ragazzina scendere dall’auto, e il regista è bravo a rubare un’inquadratura sensuale delle mutandine bianche mentre la gonna si apre. Sono i trucchi della commedia sexy che vive di questo continuo vedere non vedere e di immagini carpite nello spazio di un attimo. Nico ammira estasiato le lunghe gambe di Sonia (Susan Player), che ha diciotto anni contro i suoi sedici e molta esperienza in più, anche perché viene da Roma e non vive in un paese del sud. Nico guarda le gambe alla cugina che le accavalla sapientemente mentre i genitori parlano di politica e di scuola. Vediamo anche qui un bel contrasto tra un’inutile discussione borghese e una serie di immagini sensuali mostrate dal regista. Sonia deve studiare latino e greco dal padre di Nico per affrontare gli esami di riparazione. Il cugino l’aiuta nelle traduzioni, ma soffre l’autorità di un padre che esige pantaloni corti e abbigliamento da ragazzino.

Sono molto ben fatte le scene in cui Nico spia con il binocolo la cugina mentre il padre fa lezione e vediamo la macchina da presa incunearsi tra le pieghe della gonna fino a mettere in primo piano gli slip. Scopriamo anche le perversioni del padre, tentato dalle lunghe gambe della nipotina addormentata, mentre le sue mani si fermano solo davanti alla cameriera che porta il caffè. Le pubbliche virtù diventano vizi privati perché l’integerrimo preside se la fa con la cameriera, di nascosto dalla moglie. La malizia della situazione è resa evidente quando ci accorgiamo che la ragazzina sta fingendo di dormire per provocare la reazione dello zio.

Il film regala pure citazioni colte, con poesie di Catullo dedicate a Lesbia mentre Nico spia Sonia con il binocolo: “Senza mai fermarmi/nove volte voglio infilarti…”. Vediamo anche il tema della ribellione adolescenziale verso il padre che opprime il ragazzino, con la madre comprensiva che intercede per lui, ed è divertente la conversazione tra genitori sui problemi del figlio mentre fanno l’amore.

Il caldo della Puglia è una costante del film, tra sudore, ventagli che si muovono e mosche che ronzano. Il regista mette in evidenza anche le convenzioni della vita meridionale, prima tra tutte la messa domenicale che riunisce il paese. Sonia sconvolge la tranquillità della provincia e va a messa in bicicletta, mettendo in mostra tutte le proprie bellezze giovanili. Lo zio è infuriato per il pubblico scandalo, ma in privato cerca di concupire la giovanissima Minuccia (Fiorella Maselli), che assume a servizio solo per portarsela a letto.

La pellicola vive di scene maliziose, con Sonia che si veste dietro un armadio, va in città con Nico, telefona alle amiche, parla di uomini e si comporta in modo provocante. Nico inventa di avere una ragazza svedese di nome Ingrid per sembrare un uomo vissuto, ma in realtà è un amico più grande che ha avuto quella storia.

Una suggestiva colonna sonora ci porta sulle spiagge di una Puglia deserta e bianchissima, sconvolta dal vento, dove vediamo i due amici che fanno il bagno insieme e parlano. Nico inventa avventure, dice di essere stato a letto con Sonia, ma raccontare storie è tipico dei ragazzini, soprattutto in un periodo in cui è più facile fantasticare che realizzare. Nico spia la madre mentre si spoglia perché non ha mai visto come è fatta una donna, si misura la lunghezza del pene, usa il binocolo per vedere la cugina e si comporta come un ragazzino innamorato ma incapace di confessarlo. Sonia cerca di svegliarlo e lo provoca con discorsi trasgressivi, gli dice che nella sua provincia così per bene le donne vanno a letto con i preti e i mariti con le serve. In una frase viene descritta una situazione storica ben precisa e Nico ne ha la conferma quando vede il padre che fa indossare le mutandine di Sonia alla ragazzina appena assunta a servizio.

Il regista fornisce un bello spaccato di un sud d’altri tempi con la visita alla povera casa di una prostituta, dove un bambino ripete all’infinito che vuole il gelato e la donna mostra tutta la propria opulenza da matrona. Nico scappa impaurito in mezzo al vento che muove le fronde degli ulivi e l’amico gli grida che sa fottere solo con la sua mano destra.

Ottima è anche la ricostruzione di una cerimonia religiosa come la cresima, che al sud si trasforma in una grande riunione conviviale della famiglia. Nico si ubriaca e assiste ai primi approcci tra l’amico e la cugina, che proseguono anche al mare, sopra una scogliera frastagliata dalle onde. Nico è il ragazzino tipico con cui lo spettatore diciassettenne si immedesima, lo sfigato un po’ imbranato succube dell’amico che ci sa fare con le donne: è geloso della cugina, ma finge indifferenza e aiuta i due ragazzi ad appartarsi di nascosto dagli adulti. Favorisce l’incontro nella stalla ma sul più bello, quando si accorge che la cugina non vuole far l’amore, libera i cani e fa scappare l’amico.

Segnalo una grande colonna sonora, molto suadente e d’atmosfera, ma anche la malizia di certe scene erotiche con le mani che esplorano sotto gli slip e fanno vedere le grazie della bella Player.

Nico litiga con la cugina, che adesso conosce le bugie raccontate, e rimedia pure un occhio nero dall’amico, infuriato per il brutto scherzo. Il barone assume una cameriera procace e provocante come Lia Tanzi, che ascolta Paese di Nicola Di Bari e mostra le lunghe gambe. La Tanzi, purtroppo, ha un ruolo molto marginale nella pellicola.

Il barone vuol conoscere Sonia, la prende in simpatia e le raccomanda di svegliare il nipote, che deve diventare un vero barone di Roccadura. In questa parte del film segnalo un nuovo eccellente spaccato di vita italiana di provincia degli anni Settanta. Martino mostra una sorta di Cantagiro con una serie di cantanti dilettanti alle prese con grandi successi come Che sarà di Feliciano. Davvero bella è anche la scena di una burrasca improvvisa che sconvolge la scogliera, la scazzottata tra Nico e l’amico e l’intervento della cugina che lo difende.

La pellicola si trasforma quasi un film romantico, e la scena del primo bacio tra cugini è sottolineata da una colonna sonora intensa e suadente. A questo punto si scatena tutta la malizia di Sonia, che tenta di svegliare il cugino. Ricordo la sequenza del ghiaccio prelevato da un bicchiere di aranciata e strusciato sul seno in modo provocante. Nico è sconvolto anche da una rapida apparizione della ragazza nuda nel bagno, che lo invita a insaponarla. Su un tetto di un trullo gli mostra le lunghe gambe e le mutandine mentre si fa aiutare a scendere. A tavola mangia una banana, gli tocca le gambe e si fa accarezzare le cosce, mentre intorno a loro gli adulti fanno discorsi sulla morale che non esiste più. Nico ha paura. Scappa via e poi si dà dello stronzo davanti allo specchio. Sonia gli dice: “So che vorresti fare l’amore con me, ma non puoi esprimere i tuoi sentimenti. Sarai bravo in latino, ma la tua timidezza ti blocca. Io parto tra tre giorni…”. La frase della ragazza suona come monito per tutti i diciassettenni spettatori della pellicola e serve come scuola di vita.

Sonia spedisce un falso telegramma dove il barone chiama al suo capezzale i parenti perché è ammalato, così può avere la casa libera e portarsi a letto il cugino. La parte finale della pellicola è da manuale di cinema erotico e segue i migliori canoni della commedia sexy. Susan Player è vestita con reggicalze, calze a rete, cappello e biancheria di pizzo. Un bacio profondo dà il via alle sequenze più calde del film e, subito dopo, il ragazzo slaccia lentamente i reggicalze e sfila le calze alla cugina. I tempi tecnici sono giusti e la tensione erotica è notevole. Quando tornano i genitori i ragazzi sono ancora a letto, ma a un certo punto Sonia si alza e va via senza salutare Nico. Torna a Roma e lascia in consegna il cugino alla giovane cameriera, tanto lo sa che, come tradizione di famiglia, sarà lei la prossima conquista. “Dorme, salutalo tu per me” dice. Le serve dicono addio a Sonia mentre lei scompare lungo un viale assolato tra polvere e olivi.

Marco Giusti, su “Stracult”, afferma che Cugini carnali è “una commedia sexy girata sulla falsariga di Malizia per un produttore potente come Carlo Ponti, ma il risultato non è soddisfacente”. Il suo giudizio è piuttosto duro: “Non funziona parte del cast e la storia è troppo semplice, con la cugina bona che arriva in casa del cugino sfigato del sud e lo inizia alla sessualità”. In ogni caso Giusti salva Alfredo Pea, attore molto utilizzato nelle commedie erotiche, soprattutto per una predisposizione fisica al ruolo di ragazzino da iniziare al sesso. Per il critico romano è molto bravo anche Hug Griffith nel ruolo del barone, ma non è all’altezza Susan Player, la protagonista femminile. A tal proposito riporto l’interpretazione autentica di Sergio Martino, estrapolata da un’intervista rilasciata al mensile Nocturno: “Alfredo Pea era straordinario, era bravissimo e lo è ancora… L’altra ragazza, sinceramente, aveva il difetto di essere americana e, di conseguenza, di non portarsi addosso quella capacità di morbosità che invece una ragazza italiana avrebbe avuto. Fu un’attrice scelta perché non riuscivo a trovare un’italiana che potesse interpretare quel ruolo. Contattammo la Player dopo aver visto delle fotografie: quando arrivò mi deluse; pareva, come molte americane, lavata in lavatrice”. Pare che il regista avesse richiesto per il ruolo di protagonista Monica Guerritore o Gloria Guida, ma nessuna delle due attrici era libera. È evidente che il film ne avrebbe guadagnato parecchio, soprattutto con la Guida nei panni di un’intrigante e maliziosa cuginetta sexy.

Secondo me Giusti è troppo duro, perché la pellicola è un bel documento di un’epoca storica, oltre che un film che si può guardare con piacere dopo molti anni. Si tratta di una commedia erotica di ambientazione familiare che possiamo inserire nel minifilone dei peccati in famiglia. Cugini carnali fa parte di quel gruppo di pellicole girate nei primi anni Settanta nei quali prende corpo una delle fantasie erotiche più comuni: l’iniziazione sessuale. In questo film non troviamo una zia quarantenne che insegna il sesso a un ragazzino, ma assistiamo a un rapporto tra coetanei nel quale la ragazza è molto più sveglia del ragazzo. La pellicola mescola sapientemente complesso di Edipo, feticismo, psicologia spicciola e sociologia da salotto, ma la diversità con Malizia sta soprattutto nel rapporto paritario tra i due protagonisti. Laura Antonelli era la serva maliziosa e adulta che concupiva un giovane, Alessandro Momo, ma lui non era per niente addormentato e non serviva violentarlo per risvegliarne gli appetiti sessuali. Nel film di Martino vediamo che Pea e la Player hanno quasi la stessa età e la ragazza si dà da fare per far capire al cugino imbranato che le donne non ti mangiano. Se vogliamo, il film mette in evidenza anche i problemi di una certa generazione di ragazzi (della quale faccio parte) che aveva un difficile rapporto con l’altro sesso. I sedicenni degli anni Settanta erano spesso introversi e vivevano la scoperta del sesso come una forma di mistero che poteva essere anche sconvolgente.

Martino ha detto in un’intervista pubblicata su Nocturno Cinema nel dicembre 1996: “Il film è un’affermazione della morbosità… una cugina che tutti quanti abbiamo amato e guardato… almeno la mia generazione l’ha avuta e l’ha mitizzata. È una componente di morbosità che penso sia fondamentale. Nella mia generazione, in cui il rapporto con l’altro sesso non era mai esplicito come in quelle di oggi, c’era la suggestione degli sguardi, delle intenzioni, che poi era il profumo del sesso che nasceva nell’adolescenza. Alfredo Pea è bravissimo, per adesione fisica ed emotiva, nell’incarnare timidezza e disagio, mentre Susan Player non è all’altezza del ruolo”.

Cugini carnali anticipa i drammi erotici, perché si incentra sui rapporti familiari e mette in evidenza rapporti morbosi e segreti all’interno delle mura domestiche.

NdR:
Sergio Martino (Roma, 1938), uno dei più poliedrici e prolifici registi italiani, iniziò la carriera, come sceneggiatore e aiuto regista, negli anni Sessanta. Dopo la realizzazione di alcuni documentari e l’infelice spagnetti western Arizona si scatenò… e li fece fuori tutti (1970), firmò il suo primo successo commerciale come regista nel 1971, il giallo Lo strano vizio della signora Wardh, cui seguirono altre note pellicole sulla stessa falsariga: La coda dello scorpione (1971), Tutti i colori del buio (1972), Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave (1972), I corpi presentano tracce di violenza carnale (1973). Il buon esito al botteghino lo convinse a dedicarsi ai generi più disparati, dal poliziottesco, con Milano trema: la polizia vuole giustizia (1973) e  La città gioca d’azzardo alla commedia sexy di Giovannona Coscialunga disonorata con onore (1973) e Spogliamoci così, senza pudor… (1976), dal drammatico La bellissima estate allo spionistico La polizia accusa: il Servizio Segreto uccide (1975), dal giallo Morte sospetta di una minorenne (1975) al western Mannaja (1977), dall’avventura tinta di horror La montagna del dio cannibale (1978) al fantahorror L’isola degli uomini pesce (1979), dal comico Zucchero, miele e peperoncino (1980) alla commedia La moglie in vacanza… l’amante in città (1980). Segnaliamo alcuni altri titoli di successo: Cornetti alla crema (1981), Assassinio al cimitero etrusco (1982), Ricchi, ricchissimi… praticamente in mutande (1982), Se tutto va bene siamo rovinati (1983), Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio (1983), 2019 – Dopo la caduta di New York (1983, uno dei film più visti dell’anno negli Stati Uniti), L’allenatore nel pallone (1984), Vendetta dal futuro (1986), Spiando Marina (1992), L’allenatore nel pallone 2 (2008). Ha lavorato molto anche per la televisione, sia con film che con serie televisive. Si è raccontato nel libro Mille peccati… nessuna virtù? (Bloodbuster, 2017).
Consigliamo inoltre la lettura di un interessante articolo sul regista scritto da Stefano Di Marino, Tutti i colori del thrilling. Le radici letterarie del giallo martiniano: http://www.bietti.it/riviste/sergio-martino/tutti-i-colori-del-thrilling-le-radici-letterarie-del-giallo-martiniano/
Il film è temporaneamente visibile qui: https://www.youtube.com/watch?v=7tsm36ks3UU

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Gordiano Lupi (Piombino, 1960), Direttore Editoriale delle Edizioni Il Foglio, ha collaborato per sette anni con La Stampa di Torino. Ha tradotto i romanzi del cubano Alejandro Torreguitart Ruiz e ha pubblicato numerosissimi volumi su Cuba, sul cinema e su svariati altri argomenti. Ha tradotto Zoé Valdés, Cabrera Infante, Virgilio Piñera e Felix Luis Viera. Qui la lista completa: www.infol.it/lupi. Ha preso parte ad alcune trasmissioni TV come "Cominciamo bene le storie di Corrado Augias", "Uno Mattina" di Luca Giurato, "Odeon TV" (trasmissione sui serial killer italiani), "La Commedia all’italiana" su Rete Quattro, "Speciale TG1" di Monica Maggioni (tema Cuba), "Dove TV" a tema Cuba. È stato ospite di alcune trasmissioni radiofoniche in Italia e Svizzera per i suoi libri e per commenti sulla cultura cubana. Molto attivo nella saggistica cinematografica, ha scritto saggi (tra gli altri) su Fellini, Avati, Joe D’Amato, Lenzi, Brass, Cozzi, Deodato, Di Leo, Mattei, Gloria Guida, Storia del cinema horror italiano e della commedia sexy. Tre volte presentato al Premio Strega per la narrativa: "Calcio e Acciaio - Dimenticare Piombino" (Acar, 2014), anche Premio Giovanni Bovio (Trani, 2017), "Miracolo a Piombino – Storia di Marco e di un gabbiano" (Historica, 2016), "Sogni e Altiforni – Piombino Trani senza ritorno" (Acar, 2019).

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