I grandi sognatori non dormono mai
Nel 1945 Preston Tucker, geniale inventore, disegna un innovativo e futurista modello di automobile destinato a surclassare tutto ciò che le grandi case automobilistiche hanno prodotto fino a quel momento. Con l’aiuto di amici e familiari riesce a trovare le risorse finanziarie per produrla, ma non ha fatto i conti con la politica.
Tucker – Un uomo e il suo sogno è un omaggio alla speranza e al sogno, quel sogno americano secondo il quale chiunque abbia una grande idea avrà l’opportunità di realizzarla. È così, ma fino ad un certo punto, perché la concorrenza e la politica procedono a braccetto e cercano di ostacolare anche le visioni più geniali e autentiche; distruggendo la speranza e il senso del big dream.
Durante la visione partecipiamo alle avventure e alle disavventure del bizzarro Preston Tucker con lo stesso coinvolgimento emotivo che precedentemente solo Frank Capra era riuscito ad ottenere, ma i ritratti sono un po’ superficiali, perché Coppola (che però non firma la sceneggiatura, scritta da Arnold Schulman e David Seidler) è qui più interessato al tema che ai personaggi e, se ci fa aderire a un sogno, gli importa di più mostrarne il tracollo, gli ostacoli che il governo e l’economia frappongono tra l’idea e la sua realizzazione.
Evidente l’allusione autobiografica al grande sogno di Coppola, la realizzazione degli avveniristici studios della Zoetrope, che portarono il regista sull’orlo della bancarotta. Peraltro il lungometraggio è prodotto da George Lucas, forse perché sia la Industrial Light and Magic che la saga di Guerre Stellari sono grandi sogni che, questi sì, hanno avuto la possibilità di realizzarsi.
E “il sorriso di Preston è così teneramente ostinato da assomigliare a un rimpianto. Appunto: al rimpianto per un vecchio sogno che si vorrebbe poter sognare ancora” (Roberto Escobar). Ma che resta soltanto un’utopica illusione; la realtà è ben diversa.
Superba l’interpretazione di Michael Landau nel ruolo del consigliere finanziario di Tucker, impeccabile quella di Jeff Bridges, un protagonista che tende a farsi scivolare addosso i problemi fino a quando è troppo tardi, e incisiva quella di Dean Stockwell nel ruolo di Howard Hughes, altro grande, disastroso sognatore. Strepitosa la colonna sonora di Joe Jackson.
Un film che vale la pena di vedere e rivedere, anche per farsi un’idea precisa di che cosa sia veramente l’american dream. Un’opera imperfetta, ma indimenticabile.