Victoria Mas – Il ballo delle pazze

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Inno alla libertà delle donne

Fine Ottocento. Nel famoso ospedale psichiatrico della Salpêtrière, diretto dall’illustre dottor Charcot (uno dei maestri di Freud), prende piede uno strano esperimento: un ballo in maschera dove la Parigi-bene può “incontrare” e vedere le pazienti del manicomio al suono del valzer e della polka. Né più né meno che un manicomio femminile. Certo, le internate non sono più tenute in catene come nel Seicento, vengono chiamate “isteriche” e curate con l’ipnosi, ma sono comunque strettamente sorvegliate, tagliate fuori da ogni contatto con l’esterno e sottoposte a esperimenti azzardati e impietosi. In realtà buona parte delle cosiddette alienate sono donne scomode, rifiutate, che le loro famiglie abbandonano in ospedale per sbarazzarsene.
È qui che conosceremo Eugénie, ragazza di buona famiglia inadatta a piegarsi al volere del padre, e l’infermiera Geneviéve, donna che ha riposto nella solidità della scienza tutta la sua vita. L’incontro fra questi due caratteri forti darà forma alla vicenda raccontando, sullo sfondo, le ingiustizie assurde, e per certi aspetti così attuali, che colpiscono le donne segregate nella camere del manicomio. Qui Eugénie conoscerà le pazze: Thérèse, da tutti chiamata La Magliaia, la più anziana tra le alienate, che si prende cura di tutte come una madre; Louise, bistrattata nella sua giovane vita e illusa di poter ricevere una proposta di matrimonio.

Il viaggio nell’ingiustizia è raccontato senza filtri, mettendo a fuoco l’orrore di un mondo in cui le donne che osano alzare la testa in nome di una parità di diritti vengono rinchiuse a discrezione dei maschi e dimenticate per sempre.

Il ballo delle pazze è un romanzo storico con una narrazione al femminile e femminista: gli uomini non sono in grado di percepirle come esseri dotati di intelletto e indipendenza. Una storia che guarda al passato col rigore storico dell’ambientazione, ma che urla vendetta per la modernità e la tragicità del messaggio. Perché, se i manicomi sono ormai chiusi da anni, il pregiudizio e lo scotoma nei confronti del genere femminile sono ancora una montagna immensa da scalare in troppe comunità del pianeta.

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Giorgio Olivari nasce a Brescia nel secolo scorso. È professionista nel campo del disegno industriale da più di trent’anni. Dopo i primi quarant’anni da lettore scopre la scrittura per caso: uno scherzo della vita. La compagna di sempre lo iscrive a un corso di scrittura creativa: forse per gioco, più probabilmente per liberarsi di lui. Una scintilla che, una volta scoccata, non si spegne ma diventa racconto, storie, pensieri; alcuni dei quali pubblicati dai tipi di BESA in "Pretesti Sensibili" (2008). La prima raccolta di racconti brevi, "Futili Emotivi", è pubblicata da Carta & Penna Editore nel 2010. La sua passione per la letteratura lo ha portato a “contagiare” altri lettori coordinando gruppi di lettura: Arcobaleno a Paderno Franciacorta, Chiare Lettere a Nave.

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