Voglio ricordare Anna Maria Ciccone, una donna il cui nome non ci dice nulla, e che sarebbe rimasta solo un nome se Simona Lo Iacono non l’avesse incontrata per caso, attraverso le parole dell’avvocatessa Rina Rossitto che le ha raccontato della tigre di Noto, mentre erano al carcere di Bicocca per allestire lo spettacolo I civioti in pretura di Martoglio con alcuni detenuti minori.
Simona Lo Iacono, magistrata che fa parte dell’EUGIUS, l’Associazione Europea dei Giudici-Scrittori, e della Società Italiana di Diritto e Letteratura (SIDL), inizia a indagare su questa donna e trova una ricerca condotta dal dottor Mario Piccolino, un neurofisiologo sperimentale che, durante studi di altra natura, incappa casualmente in una lettera scritta dal rettore della Normale di Pisa alla professoressa Ciccone nel 1944. Le ricerche proseguono in campo storico e infine negli archivi della Normale.
Con i brandelli raccolti, Simona Lo Iacono riesce a restituire voce, giustizia e memoria a una donna che con astuzia, forza e coraggio ha combattuto i nazisti; li ha combattuti dapprima per difendere il suo mentore all’Istituto di Fisica della Scuola di Ingegneria, il professore Gerhard Herzberg, che era primo nella lista degli Indesiderabili da eliminare, e poi per salvare tutti i libri della biblioteca della Scuola Normale Superiore di Pisa. Quando inizia il progetto “la scienza degli ebrei senza ebrei”, con lo scopo di eliminare quel popolo distruggendone i libri (si stimano in circa centomila i volumi bruciati in tutta Europa), comincia a portarli via a poco a poco e a seppellirli in un campo.
Nata in una famiglia di ricchi commercianti che la rifiutò per la sua scelta di sottrarsi alla tradizione che la voleva moglie e madre, scelse l’emancipazione per dedicarsi agli studi e alla ricerca, chiudendosi in un laboratorio, tutto per sé come la stanza di Virginia Woolf.
La tigre di Noto racconta la sua storia, una storia ricostruita per immagini, come un album di foto da cui emergono il movimento degli atomi, l’analisi chimica degli oggetti astronomici, l’osservazione del cielo notturno, le vicende personali e le scoperte scientifiche che si intrecciano in un romanzo che si legge tutto d’un fiato.
Ma la vera punta di diamante nell’opera di Simona Lo Iacono, oltre ai temi che sono lo scandaglio con cui indaga la società contemporanea partendo da storie del passato, è il suo stile, che si avvale di un linguaggio asciutto, a volte sincopato per rendere la velocità e la contraddittorietà dell’anima dei suoi personaggi, tramato di periodi brevi, pararattici, spesso spezzati da frequenti segni d’interpunzione che isolano nel testo le parole essenziali per farle giungere, immediate, al cuore di noi lettori.