Trait-d’union tra Antracite e Noi saremo tutto, One Big Union racconta le lotte sindacali americane da parte degli IWW (Industrial Workers of the World) dal 1877 al 1919 attraverso lo sguardo della spia Robert “Bob” Coates, un uomo ombra che acquistava vita concreta solo quando fingeva di essere qualcun altro e che, nelle ultime pagine del romanzo, ammette: “Non sono nessuno”.
Coates non è un ambizioso come Eddie Florio in Noi saremo tutto, ma un gregario dalla scarsa personalità. Convinto degli ideali della classe imprenditoriale, verrà scaricato dai propri mandanti non appena avrà smesso di essere utile. Ma non si renderà minimamente conto di essere stato sfruttato proprio come i lavoratori contro i quali redige rapporti. Una spia che è più un testimone che un protagonista, ombra tra le ombre degli operai e dei braccianti vessati, uccisi, ricattati.
Vittime nelle quali non riuscirà mai a identificarsi e che combatterà fino all’ultimo anelito di vita, senza ottenere il risultato tanto atteso di elevarsi socialmente sopra di loro. Un mediocre, responsabile (per lo più indiretto) di esecuzioni e controinsurrezioni. La chiave di lettura risiede proprio nella nullità del protagonista, pari a quella dei tanti che si oppongono agli sfruttati per meri motivi d’interesse, opachi e miserabili dominatori della Storia.
Lo sguardo di Valerio Evangelisti è lucido e impietoso, e la narrazione scorre rapida e senza intoppi fino alla fine. Lo stile di Evangelisti è personale ma immediato, e ci trascina nelle vicende del secolo scorso fino a farcele vivere in prima persona.
Per quanto romanzata, è la Storia la vera protagonista di questo romanzo, grazie anche allo sguardo appannato di Bob Coates. Il che rende questo romanzo meno avvincente ma più accurato dei precedenti. E disperatamente simile al precipizio verso il quale ci stiamo più o meno inconsapevolmente gettando.
Da leggere assolutamente.