Noelle Revaz – Tanti cari saluti

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Splendida scrittrice, Noelle Revaz. Malignamente avevo creduto che il suo esplosivo esordio Cuore di bestia fosse stato solo una fortunata intuizione. Felice ma fortunata, con quella sua scrittura rabbiosa, quella tribale messa in scena di un amore brutale e dolce allo stesso tempo, con i suoi arcaismi linguistici, la sua originale rivisitazione del tema del triangolo amoroso. Mi sbagliavo, evidentemente, dato che questo suo Tanti cari saluti conferma un talento meraviglioso che va ben al di là della fortuna.

Ancora una divagazione sull’eterno tema di un lui e di una lei. Legati da qualcosa che li attrae nello stesso momento in cui li respinge. Una prima parte tutta giocata sul non detto o sulla negazione di quanto detto, fatta di lettere scritte e mai spedite, o spedite e non lette, continuo gioco di “no” che significano “sì” e che danno corpo a un sentimento forte come se fosse vissuto.
Poi la vicenda sfuma in una possibile concretizzazione di quel sentimento, una convivenza consumata in poche pagine al centro del romanzo, mentre tutto rimane sempre immerso in una liquida instabilità che monta, pagina dopo pagina, coinvolgendo e ammaliando. Proprio perché, probabilmente, ad avere più forza è il continuo sfiorarsi dei due, anche dopo che si ignorano (o fingono di farlo): lei a teatro a vedere una delle rappresentazioni di lui, lui davanti a casa di lei, ignaro che lei lo sta guardando dalla finestra, con le mani sul vetro, un incontro, quasi casuale, su una panchina del parco in cui nessuno dei due ha il coraggio di andare oltre la circostanza (Due statue si fissano nel parco).
In mezzo, le instabilità di lei (i continui traslochi, gli scatoloni ad ogni angolo), il narcisismo di lui (attore di teatro, donnaiolo, incapace di maturità sentimentale), l’ironia (a volte pensa che dovrebbe sposarla, perché lei è la donna ideale. Fa solo un po’ fatica a ricordarsi il suo nome), la crudeltà, la dolcezza (Passo la vita a scriverle e non c’è niente che abbia fatto con più serietà), i figli di entrambi dimenticati tra le righe, i tanti amanti attraversati come luoghi di villeggiatura, le continue contraddizioni.

Verrà trovato, alla fine, il grande amore? La gioia, tanto agognata, sarà raggiunta? E quale forma avrà? Chissà se è davvero così importante: forse ad importare è solo che un uomo e una donna ci abbiano provato. E che, nel farlo, abbiano vissuto. E che una splendida scrittrice lo abbia raccontato.

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Ivan Zampar, nato nel 1972 a Udine, risiede da sempre a Cervignano del Friuli. Dopo essere stato avvocato e collaboratore del quotidiano “Il Piccolo”, attualmente è occupato come educatore professionale. Da sempre ama leggere, talvolta scrive. Ha pubblicato due raccolte di racconti (“Incontri”, CulturaGlobale edizioni, 2017; “Quello che ci portiamo dietro”, Besa Muci, 2022) e due romanzi scritti a più mani (“La follia dell’altrove”, con David Ballaminut, Voras edizioni, 2011; Ester – All’ombra del fiume, con David Ballaminute e Fabio Morsut, L’orto della cultura, 2021).

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