Henry Green – E vissero felici

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Durante la Seconda Guerra Mondiale, una nobildonna inglese si trova costretta a lasciare, per breve tempo, la sua residenza nelle campagne irlandesi alla custodia della famiglia di domestici, anch’essi tutti inglesi; l’improvviso “vuoto di potere” porterà a un sovvertimento delle gerarchie all’interno della servitù, mettendo in luce contrapposizioni personali, scontri ideologici e aspirazioni individuali.

Un romanzo corale scorrevole e denso di contenuti, al centro del quale ci sono sia la consapevolezza di stare raccontando la fine di un mondo fatto di cameriere, maggiordomi e cacce alla volpe – verso il quale l’autore non risparmia qualche frecciatina ironica -, sia la volontà di raccontare la relazione sentimentale tra Edith, ingenua e giovanissima cameriera, e Charley Raunce, navigato e maturo maggiordomo dal carattere ambiguo.

La narrazione fluida permette la scoperta di un punto di vista decisamente originale per un’analisi della società inglese colta in un momento particolarmente drammatico: lo scoppio della guerra, infatti, permette un ribaltamento, una ridefinizione dei ruoli che procede di pari passo con un’analisi psicologica e morale di atteggiamenti e comportamenti che creano un singolare, credibile e completo catalogo. La prosa dell’autore, lirica, sorvegliata e precisa, notevole nella gestione dei diversi registri linguistici (cui non rende pienamente giustizia la vecchia traduzione italiana, a oggi l’unica disponibile), è ricca di descrizioni e dialoghi ma soprattutto di dettagli che, sommandosi, ci portano nel profondo della storia e ci permettono di approfondire l’animo dei personaggi, mentre il narratore sembra mantenere sempre un garbato distacco e non sceglie nessun punto di vista privilegiato per raccontare la sua storia.
Anche la tragedia della guerra, del Blitz e la crescente minaccia dell’IRA (la storia è ambientata in Irlanda), pur se raramente menzionate (quando non citate in maniera umoristica) sono presenti nel romanzo, e il loro passarle sotto silenzio ne fa avvertire maggiormente la portata minacciosa e sinistra.

Ritengo che questo splendido romanzo, spesso citato come uno dei capolavori della letteratura inglese della prima metà del secolo scorso, sia da consigliare agli esigenti per i quali la lettura è tanto divertimento quanto sfida intellettuale: meriterebbe maggior notorietà e, soprattutto, avrebbe diritto a una nuova edizione nella nostra lingua.

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Valentina Leoni è musicista e storica dell'arte, ha scritto e scrive recensioni e articoli riguardanti libri e fumetti per diversi siti. Attenta conoscitrice della cultura giapponese, ha fatto parte del comitato scientifico della mostra Dai Samurai a Mazinga Z (Casa dei Carraresi, Treviso ottobre 2014) ed è da anni collaboratrice di Radio Animati per la quale ha curato di recente la trasmissione Yatta: Luoghi Non Comuni sull'Animazione Giapponese.

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