San Berillo, antico quartiere catanese, è sfondo e insieme protagonista del nuovo libro di Gloriana Orlando, Gli spostati, edito nel 2021 dall’editore Algra. Il romanzo, diviso in vari capitoli, ognuno preceduto da proverbi o brani di poesie in dialetto catanese, mantiene entro lo stretto necessario le espressioni dialettali, utilizzate con parsimonia per rendere appieno il significato di verbi, azioni e parole, come la malanova (la maldicenza) ricorrente nel corso del romanzo: “Il quartiere aveva cento occhi e cento lingue malevole”, un venticello tremendo che soffia sempre ed entra dappertutto, trasversale al sesso e al ceto sociale”.
L’autrice, grazie ad una approfondita ricerca storica accompagnata da una scrittura pacata ma non priva di fermezza, rende noto a un pubblico ben più vasto di quello catanese la tragedia che colpì lo storico quartiere di San Berillo, la cui distruzione fu perpetrata in nome di una malintesa “modernità” dall’ente ISTICA per conto della giunta comunale retta dalla Democrazia Cristiana negli anni ’50, scempio tuttora visibile, ferita viva e mai risanata nel cuore della città. Il titolo Gli spostati si deve alla denominazione ufficiale data dai redattori del progetto del nuovo quartiere agli abitanti, che dovevano essere “spostati” in altre zone della città a seguito della demolizione delle loro case.
La demolizione di un quartiere antico o di buona parte di esso, la dispersione dei suoi abitanti, i risarcimenti irrisori o nulli ai proprietari, la fine delle sue attività produttive, il declino economico e sociale di quel che ne resta in piedi, la cancellazione della rete dei rapporti umani stratificati nel tempo di un’intera comunità in nome di sedicente “progresso” urbanistico è un dramma che ha colpito tutte le città storiche italiane ma che a Catania suona tuttora come una beffa: il tentativo, fallito fin da suo concepimento, di trasformare il capoluogo etneo in una Milano del Sud in cambio di uno sventramento insensato dalle proporzioni colossali.
Il dramma di San Berillo, uno degli scempi urbanistici più famosi e documentati del dopoguerra italiano, è reso magistralmente dalla Orlando, attraverso numerose notizie storiche che affiorano man mano nella lettura del romanzo, accompagnando il lettore gradualmente nella conoscenza e nella comprensione del dramma materiale e sociale nonché dall’intreccio delle vite di un gruppo di amici e delle loro famiglie, gli altri protagonisti del romanzo, la cui vita è cambiata per sempre dalla distruzione del quartiere e dal conseguente “spostamento” di buona parte di loro. Il quartiere, ci informa Orlando, “aveva una struttura molto particolare, non esisteva una parte povera staccata da quella ricca”. Topaie e palazzi, teatri, arene e cinema, ladri e puttane, professori e professionisti, artisti e artigiani, postriboli ed eleganti case chiuse (che terminano l’attività a causa delle Legge Merlin poco prima del loro abbattimento), “tutti vivevano senza problemi a stretto contatto di gomito, non esisteva una distinzione di classe”.
Il romanzo si apre con un episodio cruento: il dolore della madre di fronte al cadavere del figlio, un malvivente ucciso durante un regolamento di conti. L’episodio, apparentemente fuorviante dalla narrazione delle storie dei personaggi che seguiranno, denuncia il degrado sociale che affligge (tuttora) il quartiere.
I protagonisti vengono introdotti mano a mano partendo dal funerale di Pietro, farmacista suicida per non voler veder scomparire il suo palazzo, uno dei primi ad essere abbattuto, fatto costruire e abbellito per generazioni dalla sua famiglia: la vita senza di esso non aveva più senso. Pietro è l’amico comune di quasi tutti i protagonisti maschili del romanzo. Il lettore fa la conoscenza di Tina, ragazza di famiglia repubblicana salvata dalle rappresaglie dei franchisti durante la guerra civile spagnola da Pietro, volontario italiano nelle file fasciste, portata a Catania e sposata per nascondere la sua omosessualità. Tina, sconvolta dal funerale appena celebrato del marito, è consolata e consigliata dalla sua unica amica, Mirna, bellissima donna, ex prostituta di casino, sposa del barone Nitto Barresi, avvocato collerico drogato e alcolizzato, con cui ha un pessimo rapporto. Mirna è la madre di Gaetano, riconosciuto come tale da Nitto anche se non suo. Gaetano, “recluso” in collegio dei salesiani fin dall’infanzia, ha un rapporto conflittuale col padre: lui se ne vuole andare al Nord per condurre gli studi universitari, il padre lo vuole iscrivere a Giurisprudenza a Catania e programmargli la carriera e la vita. Durante il dialogo iniziale tra Tina e Mirna vengono nominati per la prima volta i termini “esproprio” e “risarcimento”, presenti in tutto il romanzo: viene introdotto così l’imminente abbattimento della maggior parte di San Berillo e lo stravolgimento della vita di chi se andrà e di chi ne resterà. Altri personaggi vengono introdotti durante le visite a Tina durante i suoi primi mesi di vedovanza. Compare Rosario, architetto e amante di Pietro, uno degli oppositori della distruzione di San Berillo, che aiuta la vedova a sistemare la casa in cui si è trasferita in vista dell’imminente abbattimento del palazzo ereditato, e recupera oggetti d’arte e libri antichi dal palazzo e dalla farmacia, “un modo per restare in contatto con Pietro” e Tina “lo lasciava fare, un’altra persona” che il marito “era riuscito a rendere infelice”. Rosario fa conoscere a Gaetano la storia di San Berillo, appassionandolo alla storia del suo quartiere, portandolo a vedere i lavori in corso e gli abbattimenti eseguiti, a partire da Piazza Stesicoro dove ha inizio la spianata di macerie che spazza via ricordi. Orlando dona al lettore la sensazione della fine fisica di un luogo, informandolo passo dopo passo delle conseguenze, delle responsabilità dello sfacelo, dei danni al tessuto urbano e sociale, e dell’annichilimento di chi ha protestato, come afferma Rosario nei suoi dialoghi con Gaetano:
– Il risanamento era semplicemente una scusa per mascherare una immane speculazione edilizia. Se avessero voluto veramente risanare il quartiere avrebbero dovuto fare degli interventi abbattendo le vecchie costruzioni […] e salvaguardando i palazzi a più piani. […] Hanno continuato a radere al suolo tutto indiscriminatamente, pure in zone limitrofe che non ricadevano nel tracciato del tanto millantanto viale che doveva congiungere il centro al mare.
Rosario e Gaetano, durante un sopralluogo, fanno la conoscenza di popolani e artigiani che si trovano in rovina: la fine del quartiere con lo “spostamento” di oltre 15.000 persone fa scomparire con gli abitanti la clientela, e botteghe, falegnamerie, fabbriche, fabbrichette e laboratori si trovano in rovina. ISTICA non risarcisce la popolazione popolare e artigiana, priva di proprietà e dei mezzi per trovare una sistemazione decente: gli architetti di ISTICA li destinano nel nuovo quartiere di Nesima, privo di collegamenti diretti con il centro della città, concepito sulla carta per mantenere consuetudini e stili di vita, come se i rapporti sociali ed economici sedimentati nel tempo in un quartiere si potessero spostare come se fossero oggetti in tristi strade con palazzoni di cemento!
Gli incontri di Gaetano con Rosario insospettiscono Nitto che, aizzato dalla malanova, ingiunge al figlio di non frequentarlo più, per paura che l’architetto possa “traviare” il figlio. Gaetano ne approfitta e riesce a farsi mandare dal padre al Politecnico di Milano: Nitto è disposto a dar la libertà al figlio purché non corra il rischio di diventare a sua volta un omosessuale! Gaetano è libero di seguire il suo percorso di studi a Milano. Durante il viaggio in treno scopre finalmente il suo quartiere e la sua storia grazie a una serie di cartoline comprate alla stazione: sono le immagini delle chiese, dei palazzi e delle piazze che non ci sono più che fanno capire a Gaetano il grande danno storico, architettonico e sociale perpetrato a San Berillo. Il dramma di San Berillo diverrà così l’argomento della sua tesi di laurea grazie alle notizie e alle scoperte che nel corso degli anni gli comunicherà Rosario. L’amore sbocciato per il destino del suo quartiere lo fa rinunciare alla carriera universitaria e lo riporterà a Catania, dove inizierà l’attività professionale e lotterà assieme a Rosario e ad altri per la giustizia e la verità per San Berillo.
Tina, lontana oramai dal quartiere, il palazzo oramai abbattuto, troverà finalmente l’amore con Iuzzo, al secolo Ignazio Calò, uomo di fiducia di Pietro nonché suo fratellastro, figlio di una servetta e di Calogerò, padre di Pietro. Assieme a Mirna l’unico ad essere stato vicino a Tina durante il lutto, Iuzzo viene “sistemato” economicamente da Tina per riparare ai torti subiti da Pietro e dalla sua famiglia, che non gli aveva lasciato nulla. Divenuto amministratore, amante e futuro marito di Tina, per ironia della sorte godrà della ricchezza della famiglia Calò, che gli era stata negata fin dalla nascita.
Le demolizioni di San Berillio a volte confermano le sorti individuali, nel bene e nel male, di famiglie e gruppi sociali. È il caso delle storie parallele delle sorelle Melina e Nunziatina, sposate a due fraterni amici di Pietro, Turi e Sasà. Melina, tiranneggiata dalla suocera, costretta a vivere in una appartamento piccolo ingombrato da orribili mobili, buio e insalubre, condannata a un’esistenza di rinunce a causa del misero stipendio del marito impiegato alle poste, sogna il riscatto di una nuova vita nel quartiere di San Leone, con un vicinato cordiale e amabile, un appartamento spazioso e luminoso. L’appartamento di muri forati e odorante di pittura si rivela piccolo, il vicinato asociale e respingente, il marito Turi deve camminare un’ora andata e ritorno per recarsi al posto di lavoro e la figlia minorenne Concetta, per cui aveva sognato un destino diverso dal suo, finisce incinta di Piddu, un mezzo delinquente di San Leone (a causa delle demolizioni i delinquenti di San Berillio si sono concentrati a San Leone, nelle vicinanze dell’omonima chiesa, formando un quartiere nel quartiere). Unica consolazione: recarsi a trovare Nunziatina, la sorella fortunata, amata dai genitori, con un appartamento grande, luminoso e ben arredato situato ai margini di San Leone, due figli maschi tranquilli, un marito – Sasà – che guadagna bene rispetto a Turi.
Al suo ritorno a Catania Gaetano scopre ulteriori abbattimenti e fa visita al nuovo studio di Rosario, situato in un casermone popolare spacciato per “lussuoso” e pagato a peso d’oro perché sorto esattamente nell’area sopra cui sorgeva il palazzo di famiglia. I nuovi palazzi impediscono la vista dell’Etna con cui era cresciuto. I ricordi della convivialità famigliare di intere generazioni cancellati per sempre, gli stucchi e gli affreschi dei palazzi trasformati in polvere.
Nitto muore dopo l’ennesimo, violento diverbio con Gaetano: l’ossessione omofoba nei confronti di Rosario gli è fatale. Al suo funerale i nodi vengono al pettine: si ritrovano tutti gli amici e i protagonisti del libro con i loro cambiamenti fisici, e Gaetano ritrova Clelia, la sorella di un amico spacciata anni addietro come fidanzata per far cessare l’ossessione di Nitto nei confronti di Rosario. Clelia, divenuta avvocato, diventerà realmente la fidanzata di Gaetano.
Mesi dopo Gaetano, oramai stimato professionista, tornando dallo studio passa spesso per San Berillo, e per pochi minuti non si ritrova ad assistere di persona all’omicidio con cui inizia il romanzo. Il finale attesta la presenza consolidata della delinquenza spicciola, fenomeno cui lo “spostamento” della popolazione causato dall’abbattimento di buona parte del quartiere non ha posto freno, anzi, lo ha peggiorato, rendendo questi fenomeni endemici fino ai giorni nostri.