Federica Sgaggio non si limita dirci, come suggerisce il sottotitolo, perché il quarto potere, invece di informarci, ci dice da che parte stare, ma disseziona ciò che è rimasto del giornalismo mettendo a nudo il modo in cui i fatti vengono contraffatti ad arte, attraverso un uso manipolatorio delle parole, per fare notizia e per farci prendere inconsapevolmente posizione. Ci guida attraverso un florilegio di articoli di giornale, di appelli, di comunicati stampa e di lanci dell’ANSA fornendoci gli strumenti per smontare le notizie e comprendere meccanismi e parole chiave con cui vengono artefatte.
Questo mirabile saggio ci permette di comprendere, parafrasando Debord, che l’informazione non è più un insieme di notizie, ma un rapporto sociale fra individui mediato dalle notizie; e di cogliere in maniera tangibile quanto il compito del giornalismo non sia più quello di informare, ma quello di dare faziosamente forma a un’idea di mondo compatibile con la comunità di lettori cui fa riferimento il suo giornale: creare il tabellone sul quale scrivere i nomi dei buoni e dei cattivi; fissare gli argomenti su cui si deve alzare la paletta; contribuendo così ad alimentare una società cristallizzata in tifoserie avversarie nella quale la neutralità non esiste: i buoni sono i lettori della testata, i cattivi tutti gli altri.
La scrittrice e giornalista veronese, però, non si limita a questo, e prende in esame anche parole che sono state trasformate in manifesti, come, a titolo di esempio, “meritocrazia”, “giustizia”, “par condicio” e “missione di pace”. Ci mostra come l’antimeridionalismo strisciante venga alimentato nel taglio dato alle notizie; come un personaggio pubblico da “testimonial” possa diventare un “brand” per tutte le stagioni (Roberto Saviano su tutti); come gli appelli vengano resi efficaci individuando vittime simbolo che vengono ridotte a mero specchietto per le allodole del consenso.
Un saggio scorrevole ed eloquente, appassionante come un giallo, che ci dà un’immagine dell’informazione davvero inquietante e ci mostra distintamente i vili e perversi meccanismi della manipolazione attraverso un lavoro di analisi approfondito e particolareggiato.
Dopo questo libro non saremo più lettori e spettatori acritici, non leggeremo più le news nello stesso modo: saremo coscienti di come esse vengano presentate ad hoc per ottenere dai lettori un consenso incondizionato. Ma questa lettura ci avrà allenati, e non varrà più necessariamente la celeberrima frase pronunciata da Humphrey Bogart nel film L’ultima minaccia: “Questa è la stampa, bellezza. E tu non ci puoi fare niente”. Perché sapremo smontare una notizia e vedere che cosa vuole nascondere.
Un saggio coraggioso e controcorrente che dovrebbe essere presente non solo nelle librerie di chi una coscienza già ce l’ha, ma anche di chi sostiene, credendosi al di là del bene e del male, di ragionare solo con la propria testa.