Erin Doom – Fabbricante di lacrime

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“Fabbricante di Lacrime” è una storia che avrebbe potuto essere coinvolgente, ma che, purtroppo, cade in molti stereotipi e promuove un tipo di amore nocivo. La trama ruota attorno a Nica e Rigel, i due giovani protagonisti, che vengono adottati dalla stessa famiglia dopo aver trascorso anni in un istituto. Nonostante si detestino reciprocamente, provano un’attrazione irrefrenabile l’uno per l’altra.

Il romanzo affronta una relazione tossica che, però, non viene trattata dall’autrice come tale, ma, anzi, esaltata come paradigma praticamente perfetto di amore: Rigel si comporta come un narcisista e Nica, che sembra soffrire della sindrome della crocerossina, è descritta come una persona debole, disposta a qualsiasi cosa pur di farsi piacere dagli altri, e incapace di reagire agli abusi. D’altro canto, Rigel è il classico “cattivo ragazzo” dalla bellezza ammaliante, ma che nasconde un’indole oscura. Il suo amore per Nica è descritto come un’ossessione, con comportamenti da stalker quando non addirittura violenti.

La narrazione è ricca di descrizioni ripetute e scene hot, che sembrano servire solo a enfatizzare l’aspetto fisico di Rigel e le sensazioni che prova Nica. Le situazioni, però, si ripetono in modo prevedibile, come gli incontri “casuali” nel bagno, che diventano una costante nella storia e che sembrano descritti con il copia-incolla.

La trama, sebbene avvincente, avrebbe potuto essere sviluppata in molte meno pagine, poiché concetti e situazioni si ripetono continuamente, fino all’esaperazione. La storia segue uno schema prevedibile e, nonostante alcuni cambiamenti nei personaggi, il finale li vede insieme felici e contenti, pur essendo consapevoli che il loro rapporto potrebbe essere considerato incestuoso.

Un aspetto particolarmente problematico del romanzo è proprio il fatto di promuovere un amore malato, giustificando comportamenti violenti e abusivi, completamente dalla parte del carnefice. I giovani lettori, a cui il libro è rivolto, potrebbero facilmente identificarsi con questa dinamica relazionale e considerare accettabili atteggiamenti come il controllo e la violenza, che già nell’adolescenza costituiscono un problema rilevante e che l’autrice esalta come modello positivo.

Non posso consigliare “Fabbricante di Lacrime”, non solo perché la storia è noiosa e ripetitiva ed è fortemente diseducativa, ma anche perché la realtà non funziona in questo modo e non è compito delle donne guarire uomini violenti, ma piuttosto richiede l’intervento di professionisti qualificati nel campo della salute mentale. Cosa di cui l’autrice sembra essere del tutto inconsapevole.

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