C’era una volta in Italia una narrativa nobile, che trasportava i lettori in certi paesi, dove viveva gente semplice nelle abitudini e nella quotidianità, ma complessa nelle emozioni – gente come quella che viveva nelle grandi città – con la differenza che nei paesi ognuno è unico, nelle sue caratterizzazioni e modi, nei paesi si rimane esposti e si diventa figurina, simbolo e icona, nelle città si è tutti la copia di qualcun altro.
Ed è così che il parroco (il prevosto, per continuare a usare uno dei termini usati in quella narrativa) rimane prima di tutto un uomo, disegnato a tutto tondo in vizi e virtù, indulgenze e debolezze. Se don Camillo era iracondo e passionale, don Lamberto indulge a piaceri che si intravedono senza necessità di raccontarli nei dettagli; se Andrea Vitali nei suoi romanzi racconta di certi paesi lacustri e dei suoi personaggi, marescialli e suonatori di cornetta e grasse e attempate tenutarie di bordelli, David Manzoni, con sapienza e ironia, tratteggia le figure di questo I Provinciali con sapienza che pare antica, ritraendoli nei loro affanni, ciascuno i suoi, speranze sogni e ambizioni, giovani e vecchi, lasciando a noi un sorriso perpetuo in ogni pagina.
C’era una volta in Italia una narrativa nobile che raccontava certa provincia, piccola eppure eterna, come formiche che non si arrendono mai. E dopo aver letto questa novella – che è la definizione che più mi piace – scopro con grande piacere che questa narrativa esiste ancora.
Sta solo a noi scoprirla di nuovo.
Meritorio il lavoro di ricerca e selezione di Divergenze, che scova perle, dove gli altri si accontentano dei ciottolini.