Il risveglio di un antico demone viene osteggiato da un gruppo di ragazzini, ai quali gli adulti non sembrano prestare fede: in un crescendo di tensione, dramma e azione, i ragazzi dovranno affrontare le loro paure per opporsi all’imminente apocalisse.
L’estate della paura affronta un tema caro a generazioni di scrittori: il momento del passaggio dall’infanzia all’adolescenza, quando il bambino comincia a formarsi nell’adulto che diventerà e deve affrontare le proprie paure e le proprie insicurezze, che nel romanzo di Simmons prendono corpo e vita, trasformandosi ora in un cimitero che rigurgita zombi, ora in un camion senziente assetato di sangue, o ancora in innominabili creature serpentiformi in grado di strisciare fuori dal buio di letti e scantinati. L’estate è tipicamente emblema di quel passaggio: la stagione delle vacanze, della spensieratezza, di molte esperienze che si riveleranno irripetibili. Dan Simmons (premiato con il prestigioso Bram Stoker Award) sceglie di declinare il tema nella chiave di un classico horror, genere al quale strizza l’occhio più volte citando i film che ogni settimana un eccentrico milionario proietta gratuitamente per la cittadina.
Nel raccontare la lotta dei giovani protagonisti contro un essere magico, spietato e bramoso di morte, l’autore è bravissimo nel sottolineare come l’orrore possa annidarsi perfino nella placida provincia americana degli anni Sessanta, dove tutto sembra immobile e sereno e pare quasi impossibile credere alle ombre dense e nere che scrutano dalle orbite vuote delle finestre della vecchia scuola – il sinistro edificio che sovrasta la cittadina, bagnata da quello Spoon River che tanto ha influenzato l’immaginazione occidentale con il suo cimitero parlante e dolente, e che nel romanzo è sul punto di risvegliarsi e scatenare la fine del mondo.
I protagonisti ci vengono incontro come semplici ragazzini, senza che il loro ruolo all’interno della trama sia già definito o la loro amicizia già data per scontata, e si trasformano in personaggi caratterizzati mano a mano che la lettura prosegue; ma, diversamente da quanto accade in altri romanzi simili, non si forma mai la squadra dove tutti sono in bravi in qualcosa e sanno esattamente che cosa fare e quando farlo.
Un’altra nota positiva è la trama sia lineare e priva di digressioni, flashback o altri espedienti narrativi che possano allentare la tensione, che invece aumenta costantemente fino a sboccare nello scontro finale, gestito secondo i canoni più classici dell’intrattenimento americano.
Consiglio la lettura a chiunque abbia bisogno di un libro dal ritmo serrato e avvincente, di quelli che non si riesce a smettere di leggere. Purtroppo, però, l’edizione italiana non va oltre la sufficienza, a causa di un traduzione non esente da errori fastidiosamente ripetuti (play ball reso come “giocare a pallone” su tutti), numerosi refusi, un’impaginazione precaria e un carattere di stampa sgradevole, caratteristiche purtroppo comuni a quasi tutte le pubblicazioni Gargoyle Books che, se pur ebbero il merito di portare in Italia capolavori della narrativa di genere, non dedicarono loro la dovuta cura.