Le imperfette. Storie di donne nell’Inghilterra vittoriana e post vittoriana è una raccolta di 10 racconti inglesi, nove dei quali totalmente inediti per l’Italia, scritti da tre autori e sette autrici, di cui una si firmava con nome maschile, il che la dice lunga sull’età vittoriana e post vittoriana che questi testi ci descrivono.
Se si esclude Virginia Woolf, gli altri sono quasi totalmente sconosciuti per noi, e questo rende ancora più preziosa questa antologia, curata da Emanuela Chiriacò, con in postfazione un saggio di Paola Del Zoppo che analizza i testi dal punto vista del concetto di liminalità, e corredata da un’introduzione che presenta gli autori e i racconti e traccia un excursus storico sull’evoluzione della condizione femminile in Inghilterra, a partire dalla fine dell’Ottocento.
Quest’opera apre uno spiraglio su un mondo che noi, per la maggior parte, immaginavamo diverso perché, anche se ci erano giunti i fervori del movimento delle suffragette, non eravamo mai entrati a scrutare così a fondo nell’animo femminile in cui cominciavano ad affiorare i primi fremiti di femminismo.
La scelta e la disposizione dei racconti sembra seguire un filo rosso che parte dal momento in cui la donna, come nei secoli passati, era sottomessa al padre prima e al marito poi, per guidarci, di racconto in racconto, alla scoperta di come si sia risvegliata la coscienza femminile con la progressiva affermazione di quella new woman che caratterizzerà le lotte femministe per tutto il Novecento. Il termine è creato dalla scrittrice femminista Sarah Grand nel 1894 e si diffonde ben presto in tutte le classi sociali grazie ai libri e ai giornali che lo riportano. Negli anni tra il 1890 e il 1923 si assiste al consolidamento dei diritti delle donne grazie all’accesso all’istruzione e alla cultura e allo scardinamento dello stereotipo femminile vittoriano, ma un ruolo determinante lo riveste la promulgazione del Married Women’s Property Act del 1882, che finalmente riconosce alla donna il pieno diritto legale di tutte le proprietà possedute al momento del matrimonio.
Sono anni di grandi trasformazioni, e ne sono testimonianza tangibile questi racconti, che delineano personaggi femminili molto diversi tra loro per età, carattere, cultura, condizione sociale. Alcune donne sono in procinto di sposarsi, altre lo sono già o sono invischiate in relazioni extraconiugali; il matrimonio comunque rappresenta un passaggio obbligato attorno cui ruotano le varie vicende. Molte di queste donne hanno a tal punto introiettato i modelli di comportamento imposti dalla società da non riuscire a immaginarsi al di fuori della dinamica matrimoniale, anche a costo di votarsi all’infelicità. Tuttavia non mancano alcune situazioni in cui sono proprio le donne a scegliere una condizione diversa, anche se questa scelta attira sul loro capo una sorta di stigma, come accade nel racconto Un povero diavolo di Arthur Morrison in cui la donna è vista in controluce, in quanto il vero protagonista è il marito che, nei suoi goffi tentativi di giustificare, più a se stesso che agli altri, il comportamento della moglie che lo ha abbandonato, finisce per tracciare di lei un ritratto estremamente negativo.
Particolarmente interessante risulta in Terra incongnita di George Egerton (pseudonimo di Mary Bright) la contrapposizione tra due personaggi femminili, una madre e una figlia, che incarnano rispettivamente i modelli della old woman e della new woman. Lo stesso conflitto tra modelli differenti, spostato anche sul piano sociale, si riscontra in Genio di Elinor Mordaunt. Mary Sinclair invece, con il suo racconto Lena Wrace, traccia un ritratto parodistico della donna economicamente emancipata che, in modo spregiudicato, sceglie di mantenere il proprio uomo, molto più giovane di lei, pagando però il prezzo di questa scelta con il tormento della gelosia.
Un ribaltamento dei ruoli si trova anche in La donna con le mani in mano di Parry Truscott, ma questa volta l’uomo non riesce ad accettare il cambiamento. Lei, dopo essere stata abbandonata dall’amante e aver sofferto quasi fino a morire per questo abbandono, cambia atteggiamento sperando di poterlo riconquistare. Accantona la pacata apatia che la contraddistingueva e diventa una donna attiva, piena di impegni: una donna che lavora! E quando lui torna finalmente a cercarla, dopo anni, non la riconosce, a cominciare dalla stanza dove solitamente si incontravano, in cui era abituato a vedere “un miscuglio di riviste più leggere; quelle con il cestino da lavoro, riviste femminili che provavano la sua femminilità e l’insieme dei suoi interessi, la sua inconsistenza”. Ed era questo che lui amava in lei. Quando la cameriera lo fa entrare in quella stanza per attendere il suo ritorno, vede dappertutto fogli accatastati, un tavolo pieno di carte impilate, una macchina da scrivere… e resti di mozziconi di sigaretta. Non sembra la stanza di una donna ma quella di un uomo, attivo, impegnato nella società, un uomo che svolge un lavoro intellettuale, cosa che gli sembra impensabile per quella donna che, nei lunghi anni in cui aveva sognato di lei, aveva sempre immaginato seduta a ricamare o a sfogliare stupide riviste femminili. In seguito a questa scoperta lui si accorgerà di non poter accettare una donna di questo genere. In questo caso, poiché il cambiamento non rappresenta il punto d’arrivo di un lungo cammino di emancipazione ma avviene nell’illusione di compiacere l’uomo, si trasforma in un ulteriore elemento di sottomissione a modelli patriarcali.
Anche nel racconto corale di Virginia Woolf, L’associazione, le due protagoniste, dopo anni dedicati, insieme ad un gruppo di amiche, a fare indagini, ricerche, interviste per scardinare lo stereotipo secondo cui unico compito delle donne è fare figli, devono arrendersi e concludere che, anche se alcune donne si sono emancipate dal punto di vista economico, non lo sono affatto da quello emotivo, in quanto sono ancora dipendenti dallo sguardo maschile per sentirsi legittimate. Non resta altro da fare che insegnare alle bambine “a credere in se stesse”. Toccherà quindi alla generazione successiva il compito di realizzare quegli obiettivi che le new women fino ad allora hanno mancato.
La donna con le mani in mano di Parry Truscott è, a mio parere, il racconto più moderno e attuale della raccolta, perché rappresenta il disagio del protagonista che non riesce ad accettare il nuovo ruolo assunto dalla donna nella società. Come spesso accade a molti uomini oggi. Dinanzi ad una donna che basta a se stessa, che non ha bisogno di loro, che pensa di poter decidere della propria vita, dinanzi ad una donna così molti uomini, oggi, sanno reagire solo con la violenza e cercano di distruggere ciò che non riescono ad accettare e a dominare.
È stato un lungo cammino quello che le donne hanno percorso fino ad ora, e numerose sono state le conquiste ottenute, ma molto rimane ancora da fare, e sempre più importante oggi è “l’aspetto pedagogico”, come suggeriva la Woolf. Ma questa volta la “rieducazione”, che in buona parte compete alla famiglia, deve mirare a formare dei new men, che non si sentano sminuiti da donne forti, che siano capaci di rispetto, che sappiano accettare un rifiuto.
Come abbiamo visto, Le imperfette si rivela una lettura ricca di spunti di riflessione che, facendoci conoscere il passato, ci aiuta a comprendere meglio il presente, e a modificarlo, anche, se possibile.
Le imperfette. Storie di donne nell’Inghilterra vittoriana e post vittoriana – Consulenza editoriale a cura di Literaria