Knut Hamsun – Un vagabondo suona in sordina

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Un uomo in viaggio attraverso la Norvegia si ferma presso una fattoria di proprietà di un militare e di sua moglie: il matrimonio della coppia è in profonda crisi e il vagabondo, che anni prima è stato innamorato della signora, assiste alla rovina del legame.

Il romanzo di Knut Hamsun è piuttosto breve, ma si rivela di una complessità eccezionale, trattando parallelamente la crisi matrimoniale dei Falkenberg e quella personale del protagonista e toccando così temi legati alla difficoltà di vivere, al ritorno alla natura e alla capacità di provare empatia.

L’opera, scritta sotto forma di diario interiore, è priva di riferimenti temporali e di cenni biografici che aiutino il lettore a inquadrare il protagonista e a collocare la vicenda nel quadro storico. Come detto, Hamsun fa viaggiare la vicenda su due binari paralleli: da un alto mostra la crescente incomunicabilità tra i due sposi, entrambi impegnati a far soffrire l’altro in modo esasperante, fino all’inevitabile approdo della follia; dall’altro riporta le riflessioni dell’io narrante, che segue la vicenda dei Falkenberg cercando di trovare un punto di contatto che gli permetta di immedesimarsi e quindi di essere partecipe dei loro sentimenti; racconta doviziosamente l’articolarsi della vicenda, ma è una narrazione distaccata, che lascia intendere come quella che gli scorre sotto gli occhi sia solo l’imitazione della vita, quella vita autentica che egli crede di poter trovare nel ritorno alla Natura; una Natura identificata, in modo quasi pagano, come forza rigeneratrice. La sua scelta di tornare infine in città, descritta come luogo corrotto e freddo, rivela però una pari volontà di fuga dalla Natura stessa.

Il protagonista, intento a cercare di dare un senso alla propria vita, si accorge di essere incapace non solo di amare ma, in generale, di provare qualsiasi tipo di sentimento: il suo spirito invecchiato è simile a uno strumento che si suona in sordina, simile all’autunno, stagione mite e desiderata ma pallida eco della stagione della vitalità e della passione, l’estate.
Il vagabondo del titolo rifiuta quindi il contatto con la società, rifiuta i legami umani e vaga inseguendo qualcosa che sa impossibile; eppure è la ricerca stessa il suo appagamento, perché gli permette di indagare l’animo umano e i complessi rapporti che si instaurano tra gli individui anche nelle piccole comunità come l’isolata fattoria dei Falkenberg, e li racconta in modo dettagliato e distaccato, fino a formare un quadro che, lungi dall’avere la vivacità e la spontaneità di un’istantanea, ha i colori freddi e i toni cupi della pittura di Munch.

Consigliato a lettori impavidi.

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Valentina Leoni è musicista e storica dell'arte, ha scritto e scrive recensioni e articoli riguardanti libri e fumetti per diversi siti. Attenta conoscitrice della cultura giapponese, ha fatto parte del comitato scientifico della mostra Dai Samurai a Mazinga Z (Casa dei Carraresi, Treviso ottobre 2014) ed è da anni collaboratrice di Radio Animati per la quale ha curato di recente la trasmissione Yatta: Luoghi Non Comuni sull'Animazione Giapponese.

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