Un viaggio poetico di trent’anni
Una raccolta antologica di trent’anni di scrittura poetica, un’opera che testimonia l’evoluzione stilistica e tematica di Giovanni Peli, unendo liriche già pubblicate in precedenti volumi il tutto organizzato in un flusso tematico-stilistico piuttosto che cronologico. Un viaggio nella poetica dell’autore, che spazia dalla riflessione intimista alla critica sociale, dall’interrogazione sul senso dell’esistenza alla celebrazione dell’istante, sempre in bilico tra il personale e l’universale.
Il tempo è una costante centrale nell’opera, non solo come dimensione cronologica ma anche come spazio interiore che cattura il passaggio dall’infanzia all’età adulta, mostrando come il passato continui a riverberare nel presente:
Io dicevo di sì dicevo “la vedo” / e la realtà si squarciava / danzando col mio sguardo le foglie.
L’umano viene ritratto nella sua complessità e vulnerabilità, spesso attraverso immagini che mescolano la quotidianità al trascendente e in cui la celebrazione dell’immaginazione e dell’imperfezione si uniscono:
Canto la resa, la celebrazione / dell’indifeso, le frasi incomplete / se fanno idee invisibili concrete.
Contrapposizioni tra natura e urbanizzazione emergono frequentemente, anche prefigurando una riconciliazione tra uomo e natura attraverso un’immagine apocalittica e suggestiva:
solo il buio della notte detterà legge / sui prati e gli alberi cresciuti.
Peli esplora l’amore, il desiderio e i legami familiari con un’attenzione per i dettagli minimi, capaci di evocare emozioni profonde. Se La tua bocca perdona la vita, la sensualità si mescola a un senso di trascendenza:
Il tempo si ferma sul tuo collo / e la mia mano è una foglia / caduta verde, per te arresa / nella sua primavera.
Spesso le poesie assumono un tono critico verso la società contemporanea, e riflettono sulle disuguaglianze e sul vuoto esistenziale dell’uomo moderno. Ne emerge un disincanto verso l’ambizione e il conformismo:
sei complice di questi colti inganni /appari ai festival e sui gornali /per questa manciata di euro che manca / a me libero da ogni ambizione.
Anche la paternità viene raccontata, con uno sguardo che abbraccia il tenero e il vulnerabile. In una delle poesie, la presenza del figlio diventa il catalizzatore di un momento di dolcezza e speranza:
Oggi il mio spirito femminile mi sovrasta […] / voliamo via come inutili pollini […] / è così che mi sento tutto quanto vivo / da quando il mio piccoletto è al mondo.
Qui, il poeta si lascia pervadere dalla consapevolezza di una nuova identità, capace di trascendere il sé maschile e di abbracciare una dimensione più ampia, quasi universale.
Altrove, l’attenzione ai dettagli quotidiani si intreccia con una malinconica meditazione sull’eredità:
Bisogna guardare bene le cose per capire […] / ricordo il nostro futuro /ti lancio un pallone / non voltarti / all’estate che scoppia.
Il gesto semplice del gioco con il figlio diventa il simbolo di un passaggio di testimone, una speranza da consegnare al futuro.
Il lutto è un altro tema che attraversa molte delle liriche, spesso in forma implicita, come una presenza costante e inevitabile. Il ricordo del padre si intreccia con immagini di forza e di perdita:
tu non sei più tu e io vorrei essere quel tuo io.
Qui, il lutto non è solo per il padre scomparso, ma per l’irrecuperabile intimità che il tempo ha spezzato.
Anche nella poesia dedicata all’anziano genitore, il vecchio diventa un simbolo della transitorietà della vita:
davanti agli occhi inermi e lussati […] il vecchio divenne trasparente / ma bisgonava pensare solo al presente / uccidere ogni nostalgia.
La narrazione dell’assistenza al padre anziano si trasforma in un atto di protezione e compassione, un modo per accettare l’ineluttabilità della fine.
Il futuro è una dimensione ambigua, fatta di speranze e paure:
Il futuro si attorce incurante / attorno ai bambini / che ci inducono a elucubrare coi gridolini / loro non sanno nulla / dell’ambiguità come risorsa adulta.
Qui i bambini rappresentano un futuro incontaminato e inconsapevole, mentre l’adulto riflette sulle sue complessità e contraddizioni.
L’ineluttabilità è un’altra costante, legata alla percezione del tempo come forza invincibile, e l’idea del ritorno della natura dopo la scomparsa dell’umanità si fa metafora della ciclicità e dell’inevitabilità dei mutamenti:
Torneranno i lupi e gli orsi in città / il tempo scorrerà senza misura / solo il buio della notte detterà legge.
Molti versi colpiscono per la loro capacità di evocare sensazioni attraverso metafore inedite:
Il deserto è fiorito / dalla terra spuntano occhi felici / che ti spiano mentre ti spogli / ma tu non conti più.
L’autore utilizza un linguaggio denso, spesso frammentato, che alterna immagini liriche a una prosa poetica più immediata e colloquiale. La sua capacità di unire riflessioni profonde al senso di quotidianità vissuta rende la raccolta accessibile e complessa al contempo. La struttura non cronologica della silloge permette di cogliere la continuità tematica della sua poetica, con testi che dialogano tra loro, costruendo un mosaico di impressioni, intuizioni e ricordi, e abbraccia temi differenti senza perdere coerenza, dando vita a un’opera multiforme ma unitaria. Soprattutto nel suo rendere una visione poliedrica dell’esistenza.
Poesie 1994-2024 è un’opera che racchiude la maturità poetica di Giovanni Peli, offrendo una testimonianza preziosa di trent’anni di scrittura e invitandoci a riflettere sul significato del tempo, delle relazioni e dell’essere, lasciandoci spesso con più domande che risposte, com’è compito precipuo della buona letteratura.
Un lavoro intenso, da assaporare lentamente, che conferma l’autore come una voce unica e significativa nel panorama della poesia contemporanea.