George Orwell – Giorni in Birmania

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Un uomo tra due mondi

John Flory, mercante angloindiano di legname, si sente parte di due mondi, quello indiano e quello dell’Impero, e non sa in quale collocarsi. Ma, quando diventerà bersaglio di un magistrato corrotto, la sua scelta sarà dettata dalle circostanze.
Basato sull’esperienza diretta dell’autore durante i cinque anni trascorsi in Birmania come agente della Polizia Imperiale Indiana, il romanzo ebbe difficoltà a essere pubblicato, poiché gli editori temevano di essere citati in giudizio per diffamazione. Rappresenta una delle forme deteriori della civiltà inglese, quella che si manifestò nelle colonie dell’Impero Britannico. Nonostante un certo schematismo nei personaggi (il Bene e il Male sono fin troppo separati, il primo presso i Birmani, il secondo presso gli Inglesi), rappresenta efficacemente il senso di crisi morale di un Impero ormai moribondo.

 

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Un altro uomo invisibile che galleggia in mezzo al mare del nulla, è arduo definirlo sia per tratti somatici che per età. Campa la vita lavorando, di contraggenio, in uno dei templi assoluti della brescianità e, ciò nonostante, ne prende ispirazione per le cose che scrive. Espulso da tutti i circoli cui si è aggregato, gli amici lo chiamano “Wikipedia” a causa dei discorsi incomprensibili e della pronunzia, che confonde in un unico suono le erre, le elle, le vu, le pi, le bi, le esse e le effe. Sostiene di essere pacifista, ma si vanta di aver redatto, molto tempo fa, alcuni testi rivoluzionari per un ex-guerrigliero irascibile e avarissimo, ora convertitosi al libero mercato.