Il camorrista è il primo film di Giuseppe Tornatore, che due anni dopo vincerà l’Oscar con Nuovo Cinema Paradiso. Nastro d’Argento al miglior regista esordiente per un film apprezzato da pubblico e critica, che sfrutta tutti gli strumenti del miglior cinema di genere e porta sul grande schermo (romanzata) la vita del boss Raffaele Cutolo. Tutto è liberamente ispirato a Il camorrista di Giuseppe Marrazzo (Tullio Pironti Editore), opera che lo stesso Cutolo ha più volte osteggiato, fino alla querela, per molti passaggi che riteneva non conformi al vero. Film ricco (4 miliardi di lire il costo), prodotto da Reteitalia e Titanus, in due versioni: la più lunga per la televisione (ben 5 ore), ancora inedita; la più corta (168 minuti) per il grande schermo, uscita il 12 settembre del 1986 (querelata, ritirata dopo due mesi, infine rimessa in circolazione). Molti problemi al film furono creati dallo stesso Cutolo, che sentiva tradita la propria esistenza da certi eventi narrati, a suo parere mai accaduti, come l’aver ordinato l’esecuzione del suo più caro amico. In televisione abbiamo visto il film su Rete 4 solo il 20 marzo del 1994, ma continua a non passare spesso, anche se di recente è stato programmato da Cine 34.
Il camorrista è cinema allo stato puro, crudo e violento, politico e spettacolare, girato con mano ferma e movimenti di macchina originali, interpretato da attori in grande forma. Il regista sceneggia la vita del professore vesuviano – come si fa chiamare il camorrista (Gazzara) sin dalla prima infanzia – descrivendo lo stretto rapporto con la sorella Rosaria (Del Sol), gli anni passati in galera per aver ucciso un uomo, la decisione di riformare la camorra e la capacità di creare una rete di interessi delinquenziali e politici tali da renderlo una potenza assoluta.
Lino Troisi è Don Antonio, il boss rivale, contro cui il professore combatte la prima guerra di camorra per costruire una nuova organizzazione basata su un legame di sangue di stampo massonico. Il professore ordina esecuzioni e traffici dalle stanze di una lussuosa galera, si fa rinchiudere in manicomio, corrompe giudici e secondini, organizza una spettacolare evasione, quindi viene ripreso e si vendica del miglior amico, reo di aver parlato con la polizia per salvargli la vita.
Il romanzo di Marrazzo è preso come filo conduttore per raccontare la vicenda di Raffaele Cutolo, gli intrighi con certa politica del malaffare, la sua capacità di influenzare l’andamento delle amministrazioni locali, infine punta il dito sugli errori, sul delirio di onnipotenza che gli ha fatto calpestare piedi intoccabili.
Ben Gazzara è un professore convincente, pur doppiato da Mariano Rigillo, la gestualità è tutta napoletana. Laura Del Sol è una sorella del boss intensa e coinvolgente. Nastro d’argento a Leo Gullotta come attore non protagonista, commissario tutto cuore che dà la caccia al professore e lo conduce di persona al definitivo esilio in un carcere di massima sicurezza.
Fotografia cupa e notturna di Blasco Giurato, montaggio rapido e consequenziale di Mario Morra, colonna sonora suadente e intensa di Nicola Piovani.
Regia non certo da esordiente: grande direzione di attori e tecnica notevole. Inseguimenti cittadini straordinari ,che ricordano il miglior cinema di Umberto Lenzi, molto credibili le parti cruente, uccisioni realistiche a colpi di coltello, sangue che tinge le docce della galera, corpi umani devastati, riti massonici ben riprodotti; vediamo persino una donna calata in una vasca ricolma di acido e lasciata sciogliere.
Inevitabile il divieto ai minori, anche se siamo di fronte a un film culturalmente importante, capace di coniugare esigenze d’autore e spettacolarità da pura fiction noir. Consigliato per conoscere i lati oscuri della criminalità italiana.