L’ironia di uno sguardo innocente
Primo di una trilogia, vera e propria saga familiare ambientata a cavallo fra gli ultimi anni dell’Ottocento e il primo dopoguerra, La Famiglia Aubrey si innesta nel suo genere in maniera del tutto originale, attuale e con un fine tratto ironico.
Lo sguardo, ingenuo e allo stesso tempo disincantato come solo quello dell’infanzia può essere, è quello di Rose, prima bambina e poi adolescente. Attraverso i suoi occhi conosciamo le sorelle, il fratellino, l’amata cugina e mamma e papà Aubrey: la madre, pianista, ha abbandonato una carriera di successo per votarsi con coraggio a un’esistenza di rinunce; il padre, giornalista e polemista, è tanto retto nella sfera pubblica e inflessibile nelle idee professate quanto, pur nel suo affetto verso i figli, ambiguo e scialacquatore nella vita privata. Attraverso lo sguardo della bambina vive una famiglia non convenzionale che, come l’Albatros di Baudelaire, mal si adatta a un mondo prosaico.
Un quadro vivace, dove non mancano numerose sfumature e le tinte contrastanti che rendono così indefinibile l’animo umano e così incomprensibili le persone.