C’era una volta Pictor, il quale, ammaliato da tutto ciò che intorno a lui era in grado di trasformarsi, decise di diventare un albero. Come tutti era in cerca della felicità, però, dopo diversi anni passati in forma di albero, si rese conto che essa non risiede nel raggiungimento di uno stato, ma nel sapersi continuamente trasformare. Pictor non fu in grado di essere altro che un albero fino a quando non incontrò una giovane fanciulla, la sua metà mancante. Quando i due diventarono Uno, la felicità fu in ogni cosa. Pictor divenne capriolo, divenne pesce, divenne uomo e serpente, nuvole e uccello. In ogni forma però era intero, era una “coppia”, aveva in sé luna e sole, uomo e donna, scorreva come fiume gemello per le terre, stava come stella doppia in cielo.
Scritta nel 1922, subito dopo Siddharta, Favola d’amore è una metafora sulla vita, che porta con sé concetti filosofici non solo occidentali. Il dualismo, ad esempio, è tipico della filosofia orientale, ritrovabile anche nel noto simbolo di Yin e Yang. Nonostante ciò, la favola può essere compresa da chiunque, poiché parla sì di trasformazione, ma il suo stesso significato si trasforma a seconda di chi lo legge.
Il manoscritto originale – che alcune edizioni riportano – è accompagnato da illustrazioni realizzate dall’autore stesso, perfetti ricami per questo tessuto di metafore. In poche righe, Hermann Hesse ha saputo mostrare appieno le sue capacità di scrittore, di poeta, ma soprattutto di uomo.