Vulcano

Vulcano è un film di genere drammatico del 1950, diretto da William Dieterle e sceneggiato, tra gli altri, dallo scrittore Vitaliano Brancati, con Anna Magnani e Rossano Brazzi.
È una pellicola che non ha trovato molte lodi nella critica e nella memoria della storia del cinema, se non per la sua rivalità con Stromboli terra di Dio di Roberto Rossellini, con la famosa e bramata protagonista Ingrid Bergman, girato e distribuito nello stesso periodo.  Al botteghino, però, riscuotono entrambi lo stesso giudizio: film mediocre che non ha saputo fronteggiare le aspettative.

In Vulcano la vicenda si snodana a partire dal ritorno dell’ex prostituta Maddalena (Anna Magnani) sulla sua isola natia di Vulcano, per ordine della prefettura di Napoli. Viene accolta con amorevolezza da sua sorella Maria, che non vedeva da quando questa era bambina, ma non dal resto dei pochi, riluttanti abitanti. Maddalena infatti, oltre che avere sulle spalle il peso del proprio passato, dovrà anche fare I conti con il presente in una terra che le ha dato i natali ma l’ha anche ostracizzata.

La bellezza nascosta di questa pellicola si mostra nella lotta continua tra onestà e ipocrisia, bene e male, mostrando che l’uno può confondersi nell’altro, culminando nel peggiore tra tutti i peccati: l’arroganza.
Maddalena (non è un caso il riferimento biblico) si trova in un limbo infinito: è giudicata una peccatrice vanesia ma le è tolta la possibilità di potersi redimere. Vulcano è il suo inferno personale e le donne del paese sono i suoi diavoli, impersonificazioni del bigottismo più retrivo e della cattiveria umana. Promotrici della “buona morale comune” e degli insegnamenti dogmatici, in questo caso cristiani, sono le prime a infrangerli, o meglio, a non averli mai compresi  del tutto, ma solo accettati per pulirsi la coscienza e convincersi così di vivere dalla parte giusta della vita, incuranti delle peggiori azioni compiute verso la protagonista: costantemente umiliata e attaccata sia pubblicamente che privatamente, con il solo scopo di privarla di ogni suo affetto. Le “buone cristiane” diventano così le vere portatrici di tutta quella disonestà che dall’isola volevano scacciare.

Si gioca a essere Dio, si pensa di poter decidere sulla vita di un’altra persona e, con una scarsa introspezione personale, di farlo nel giusto; si può essere sollevati nel pensare che tutto questo male possa essere confinato in uno straccio di terra e roccia in mezzo al mare, che niente di questo abbia a che fare con noi, ma ciò che emerge è che, su quest’isola, ci siamo un po’ tutti. Oggi come ieri.

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