Una crisi sanitaria diventa in breve tempo il baratro dell’umanità, quando i morti risorgono per attaccare i vivi scatenando così un’orrida Terza Guerra Mondiale…
“World War Z” è un originale romanzo del 2006 di Max Brooks che racconta l’inchiesta di un giornalista che gira il mondo alla ricerca di testimonianze di sopravvissuti alla “Prima Guerra Globale ai non morti”.
Ricco di scene drammatiche e ironiche il romanzo descrive, con una prosa documentaristica quasi epistolare, momenti spettacolari di azioni politiche e militari unite a scene di sopravvivenza quotidiana legate alle terribili conseguenze della pandemia. Protagonista è quindi un’umanità che ha guardato dentro l’abisso e l’orrore l’ha trascinata dentro per divorarla senza pietà.
Un’idea talmente buona che Brad Pitt e la sua “Plan B” hanno sudato non poco a strappare i diritti a concorrenti agguerriti come DiCaprio con la sua “Appian Way”. Dopo aver contattato J.Michael Straczynski (“Changeling”) per la sceneggiatura e Marc Forster (“Quantum of Solace”) per la regia sembrava tutto pronto a partire nel 2009, poi nel 2011 ma il 2013 è stato l’anno buono.
Con un ottimo prologo che sembra far ben sperare e Brad Pitt che fa del suo meglio per essere credibile (ma è anche l’unico attore da botteghino in scena, gli altri riempiono solo lo schermo -compreso il nostro amato Favino) prosegue poi in maniera imbarazzante mettendo effetti speciali da videogioco a coprire una sceneggiatura forse riscritta troppe volte e un finale improponibile anche per un horror (messo dopo, sembra, aver buttato quasi un terzo del film completo).
Niente sangue, poca tensione, molte scene d’azione anche caotiche dove non si capisce chi è quello sano e quello infettato da cui scappano i nostri eroi e momenti da cartone animato fatti passare per drammatici.
Se l’eroe biondo che salva il Mondo lancia una bomba a mano dentro un aereo facendolo precipitate con lui dentro, l’aereo esplode e tutto attorno è morte e distruzione e poi fai vedere che se ne esce indenne senza neanche un graffio non è horror, è fantascienza.
Un horror fatto per piacere a tutti, che non spaventa, non crea turbamenti, non sanguini, con più azione che sostanza è una classica “frittella di marketing”. La mangi, pensi che sia buona, ma è solo una frittella. Per fortuna l’horror per famiglie da quasi 200 milioni a pellicola è un investimento troppo rischioso La computer grafica con cartoni animati che pretendono di sembrare attori credibili in scena, o la fai davvero bene o ti sembra di rivedere quella pellicola tratta da un libro classico, di cui anche qui era rimasto solo il titolo, con un cane che recitava meglio dell’attore protagonista. Magari è meglio leggerseli i libri per adattarli dopo con cura. Ma attenzione che quelli del marketing non leggono, loro sanno solo cucinare frittelle.