Valérie Perrin – Cambiare l’acqua ai fiori

Cambiare l’acqua ai fiori ha un impianto strutturale molto antico. Si potrebbe infatti rapportare alla struttura delle fabulae milesiae, antesignane del romanzo, riprese, nella tradizione latina, da Petronio e da Apuleio. L’autrice, non so quanto consapevolmente, ha attinto proprio alla più classica: quella ad incastro. Infatti la storia, che presenta una fabula piuttosto scarna, viene accresciuta via via da diverse altre storie, molte delle quali ridondanti e poco legate al nucleo centrale del racconto: una matrioska di narrazioni, alcune delle quali del tutto autonome (la storia di Irène e di Gabriel, ad esempio, o anche la storia di Françoise e Philippe, quella di Paul e Julien), che si collegano con la trama principale solo tangenzialmente.

Il narratore principale, sempre interno, cioè Violette, si alterna con altri personaggi nella variazione anche del genere letterario: la lettera, il diario intimo e così via: l’autrice utilizza la carta della commistione di molti generi nel gioco della variazione. Tuttavia la narrazione non ne risente positivamente, poiché non c’è alcuna variazione del registro linguistico, non esistono quasi i dialoghi e, soprattutto, il narratore – sia interno, sia esterno – racconta non solo i fatti ma anche le emozioni, sostanzialmente troncando il nostro contributo di lettori: ci viene continuamente spiegato non solo ciò che hanno fatto e compiono i personaggi, ma anche ciò che sentono, vale a dire le emozioni. Ne consegue che il lettore ingenuo viene acchiappato dalla scorrevolezza del testo poiché non gli è richiesto alcuno sforzo, e alla fine del romanzo avrà l’impressione di aver letto un libro assai gradevole e anche coinvolgente. Ma solo perché sarà stato confermato nelle sue emozioni e nei suoi sentimenti più semplici ed elementari, oserei dire generici – ma certamente è stato tenuto a debita distanza dalle riflessioni più profonde sugli universali del sentire umano, e quindi poco può arricchirsi a livello personale. Ha solo passato qualche ora gradevole di lettura.

Sfaterei dunque il mito di questo romanzo per ricondurlo nell’alveo dei libri furbi costruiti per acchiappare i lettori più ingenui, conducendoli falsamente sul territorio di un argomento grave, cioè la morte, ma trattandolo con una leggerezza non di stile, ma solo di intenti, poco credibile e anche un po’ grossolana.


La trama:
Violette Toussaint è guardiana di un cimitero di una cittadina della Borgogna. Ricorda un po’ Renée, la protagonista dell’Eleganza del riccio, perché come lei nasconde dietro un’apparenza sciatta una grande personalità e una vita piena di misteri. Durante le visite ai loro cari, tante persone vengono a trovarla nella sua casetta e lei, donna solare dal cuore grande, ha sempre una parola gentile per tutti, è sempre pronta a offrire un caffè caldo o un cordiale. Un giorno un poliziotto arrivato da Marsiglia si presenta con una strana richiesta: sua madre, recentemente scomparsa, ha espresso la volontà di essere sepolta in quel lontano paesino nella tomba di uno sconosciuto signore del posto. Da quel momento le cose prendono una piega inattesa, emergono legami fino ad allora taciuti tra vivi e morti e certe anime, che parevano nere, si rivelano luminose. Attraverso incontri, racconti, flashback, diari e corrispondenze, la storia personale di Violette si intreccia con altre in un caleidoscopio di esistenze che vanno dal drammatico al comico, dall’ordinario all’eccentrico (ndr).
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Maria Concetta Rosa Giannalia è nata a Villabate (PA). Laureata in lettere moderne presso l’Università di Palermo, ha insegnato per trentasei anni in scuole diverse per ordine e grado. Negli ultimi dieci anni è stata docente di italiano e latino presso il liceo scientifico e supervisore di tirocinio presso la SSIS (Scuola di Specializzazione per l’insegnamento nella scuola secondaria) presso l’Università di Cagliari. Ha pubblicato diversi articoli di didattica su riviste specializzate. È stata docente di un laboratorio di scrittura poetica presso l’Università della terza età di Quartu Sant’Elena negli anni 2004-2006 e di altri laboratori di scrittura creativa presso la biblioteca MEM di Cagliari e la biblioteca comunale di Quartu Sant’Elena negli anni 2016-2017-2018. È autrice di poesie e racconti pubblicati in diverse antologie di opere collettive. Ha pubblicato un libro di fiabe e uno di racconti. Ha partecipato con successo a diversi concorsi letterari. Gestisce il blog http://scriverecosa.blogspot.it/ dove pubblica, oltre a poesie e racconti, articoli di opinione. È presente nel sito www.larecherche.it e su Facebook col suo nome. Attualmente vive e lavora a Cagliari.

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