La speranza è un sogno a portata di mano
Horty, uno strano bambino adottivo vessato dal patrigno Armand Bluett, subìto l’ennesimo sopruso decide di fuggire di casa. Dopo aver salutato Kay Hallowell, l’unica compagna di classe che lo prende sul serio, viene accolto da un bizzarro circo diretto da Pierre Monetre, detto il Cannibale, un tiranno che odia l’umanità. Qui trascorre alcuni anni, formandosi soprattutto grazie a Zena, sua sorella putativa. Su tutti incombe il segreto dei cristalli sognanti, misteriosi esseri solo apparentemente minerali in grado di produrre oggetti e creature viventi identici agli originali.
Il senso di profonda umanità di queste pagine straordinarie e lo stile personale e scorrevole ci consentono di accogliere i molteplici e complessi contenuti del romanzo con la medesima disponibilità del protagonista nei confronti di Zena, suo pigmalione. I temi vari e tutt’altro che banali contribuiscono a comporre una concezione filosofica dell’esistenza che trova risonanza in qualunque persona sensibile.
Questa filosofia sembra tangibile, se non fosse che il mondo, ora come allora, continua a muoversi in una direzione differente: quella del dominio, della sopraffazione, della discriminazione, dell’egocentrismo. Quella adombrata da Sturgeon è la scintilla della speranza, non certo quella della distruzione; una speranza che si manifesta in maniera così sublime, nella conclusione del romanzo, da essere credibile e niente affatto scontata.
Il tema della diversità e del suo rifiuto attraversano tutto il romanzo, ma Cristalli sognanti non è un libro sulla diversità: è un libro sull’umanità. Un’umanità che Sturgeon effonde da ogni pagina, cruda e poetica allo stesso tempo, profonda e densa di prospettive, che non può esistere nell’individualismo ma soltanto nel gruppo.
Un capolavoro spacciato come fantascienza da chi ha bisogno di applicare etichette a qualunque opera.