Stephen Crane – Il segno rosso del coraggio

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Il giovane Henry Fleming ha la testa piena di confuse fantasie sulla guerra come scenario ideale per imprese eroiche, e immagina i soldati come valorosi guerrieri, protagonisti di epiche saghe che verranno cantate nei secoli. Con tale convinzione, allo scoppio della Guerra di Secessione decide di arruolarsi nell’esercito Nordista ma, il giorno in cui si trova a combattere nella sua prima battaglia, viene preso dal panico e fugge. Vergognandosi della propria reazione, che pure nessuno ha notato nel caos della battaglia, Fleming decide di riscattare il suo onore tornando in prima linea.

Per parlare di questo romanzo occorre partire dal protagonista, un diciottenne come tanti: Henry Fleming non è un patriota, e la sua decisione di combattere nella Guerra Civile non è frutto di una convinzione politica o dell’adesione a un ideale, né tantomeno di un più prosaico bisogno di denaro; Henry vuole mettere alla prova della realtà i suoi sogni di gloria, la sua concezione romantica della guerra e degli eroi.
Eppure, nel raccontare la comprensibile e umana paura di Henry di fronte alle pallottole che fischiano e la sua fuga, Stephen Crane non vuole raccontare la presa di coscienza di un giovane che diventa uomo nel momento in cui scopre quanto la realtà sia lontana dalle sue fantasie, ma piuttosto il suo desiderio di rafforzare quelle stesse fantasie alla luce della realtà: Fleming non accetta che la realtà mandi in frantumi i suoi sogni, e pretende di adeguarla a essi, pretende che li realizzi, il che, se vogliamo, è l’essenza stessa del sogno americano – non importa che cosa sogni, purché tu voglia realizzarlo.

Nella vicenda di Henry Fleming, che fa riferimento a una vera battaglia senza che vi siano mai elementi per poterla identificare con certezza, Crane sembra voler svuotare il racconto di guerra di tutta la consueta retorica e presentare ciò che le versioni ufficiali, le commemorazioni e la storia non raccontavano allora, ma probabilmente nemmeno ai giorni nostri: la paura di un ragazzo di fronte alla morte, il rimpianto per la decisione di arruolarsi che l’ha strappato alla famiglia, al sole caldo della primavera, alla giovinezza, in nome di un sogno che nei decisivi istanti della battaglia gli appare più che altro un miraggio.
La prosa di Stephen Crane è vibrante e dettagliata nelle descrizioni, ricca di riferimenti cromatici, a partire dal rosso del titolo, passando al verde della primavera che, indifferente al caso della guerra, sboccia intorno al giovane soldato, e infine al blu delle divise al grigio dei morti che Henry incontra durante la sua fuga. Impeccabile la traduzione di Luciano Bianciardi.

Il segno rosso del coraggio è un classico della letteratura americana del XIX secolo e conserva intatto il suo fascino letterario. A chi non lo conoscesse, consiglio di riscoprirlo.

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