Sei short story ben oliate
“Marionette” è una raccolta di racconti che ci svelano l’immaginario di un uomo semplice con il vizio della scrittura. William Sidney Porter, in arte O.Henry, iniziò la sua carriera di narratore a fine Ottocento. Dopo un’esperienza lavorativa controversa che lo costrinse a fuggire dal suo impiego di contabile, tornò a casa per presentarsi al capezzale della madre morente e fu arrestato. Iniziò a scrivere mentre era in carcere, riscuotendo subito un certo successo di critica e di pubblico.
I tipi di Tranchida hanno scelto, dalla sua vasta produzione, sei piccoli capolavori che tratteggiano vicende di persone qualunque, oltre a quelle di alcuni probabili compagni di avventura conosciuti durante la latitanza dell’autore in America Centrale.
Nei mondi descritti, spesso con tratti ironici, tutto sembra in balìa del caso. New York è presente in più di una storia come luogo spersonalizzante, dove la desolazione dei quartieri imprigiona i protagonisti, la cui estrema umanità è l’unica vera consolazione per il lettore. Mentre vagabondi, innamorati e gentiluomini affrontano la vita, e a volte la tragedia, intrappolati in meccanismi ineludibili: un emarginato senzatetto alla disperata caccia di un rifugio per l’inverno; due improvvisati ricattatori messi in crisi dal giovane briccone che hanno rapito; un commesso viaggiatore alla ricerca di una ragazza, della quale intuisce la presenza nell’albergo in cui si è fermato per la notte; una giovane dattilografa squattrinata e sognatrice; un medico-rapinatore cinico e crudele che si trasforma, inaspettatamente, in una essere umano sensibile; due giovani artiste del Greenwich Village alle prese con una malattia che infetta la loro già precaria esistenza quotidiana.
La cifra stilistica brilla soprattutto in alcuni passaggi nei quali la prosa diventa poetica, in contrasto con lo squallore degli ambienti.
É così che le marionette del titolo prendono vita dalla penna di O. Henry, senza mai farci intravedere i fili che lui abilmente manovra nell’ombra.