Roberto Marri – Primavere promesse

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Primavere perdute

Lo sappiamo, ma non lo vogliamo ammettere: nella nostra esistenza le primavere che ci ripromettiamo quando tutto è di là da venire / quando tutto è al di là da cadere quasi sicuramente non le manterremo mai; fino a quando avremo un grande avvenire dietro le spalle: Altrove / sarà fiorito il tuo tempo / avrai portato il tuo amore,  l’avrai perduto in odio e rimpianto contemplando l’erba del vicino più verde / in questa primavera. Forse perché C’è qualcosa di noi / che continua a sfuggirci. O forse semplicemente perché, nell’epoca feroce che le nostre vite si trovano ad attraversare, Gli ultimi / saranno / ultimi. / Penultimi / se gli andrà meglio. / Aspetteranno primavera / alzando i muri / della paura.

Roberto Marri, già autore del romanzo Sete (2017), ci seduce con semplicità, con parole che appartengono al nostro quotidiano e che, grazie alla perizia nell’uso del linguaggio poetico, fibrillano smaglianti nella nostra coscienza, remando con penna precisa attraverso un’alta marea di emozioni. Perché quelle di Roberto Marri sono parole che sanno l’affanno e il dolore, l’afflato e la sua repressione, il volo e la caduta, il brusio del sogno e il brusco risveglio nel silenzio del dovere.
Anche le metafore di Primavere promesse ricadono nella quotidianità, dalla quale, del resto, traggono linfa: negli oggetti quotidiani e nel quotidiano agire o inagire, nella soffocante ripetizione del presente come nelle quotidianità perdute, soltanto ricordate nell’abbandono di ciò che cade.
L’autore calibra bene ogni parola, non lascia nulla al caso, e attraverso echi di Pirandello, di Fante, di Mallarmé e di Dante, nonché di altri autori classici e moderni, crea un proprio linguaggio, con una forma accurata, attenta al ritmo, come scrive Alessandro Quasimodo nella prefazione, dosando bene antitesi e anafore nei singoli versi.

La lettura ci lascia con un doppio rimpianto: quello di non avere altre strofe dalle quali farci attraversare e risvegliare; e quello di una primavera, la nostra, che andrebbe consumata / senza aspettare un giorno / un altro e un altro ancora. Ma forse, ci diciamo, per noi è troppo tardi: un vano alibi che è scaduto / come a volte le attese / come molte promesse.

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Heiko H. Caimi, classe 1968, è scrittore, sceneggiatore, poeta e docente di scrittura narrativa. Ha collaborato come autore con gli editori Mondadori, Tranchida, Abrigliasciolta e altri. Ha insegnato presso la libreria Egea dell’Università Bocconi di Milano e diverse altre scuole, biblioteche e associazioni in Italia e in Svizzera. Dal 2013 è direttore editoriale della rivista di letterature Inkroci. È tra i fondatori e gli organizzatori della rassegna letteraria itinerante Libri in Movimento. ha collaborato con il notiziario "InPrimis" tenendo la rubrica "Pagine in un minuto" e con il blog della scrittrice Barbara Garlaschelli "Sdiario". Ha pubblicato il romanzo "I predestinati" (Prospero, 2019) e ha curato le antologie di racconti "Oltre il confine. Storie di migrazione" (Prospero, 2019), "Anch'io. Storie di donne al limite" (Prospero, 2021) e "Ci sedemmo dalla parte del torto" (Prospero, 2022, insieme a Viviana E. Gabrini). Svariati suoi racconti sono presenti in antologie, riviste e nel web.

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