L’ascesa politica di Willie Talos, un contadino del Sud degli Stati Uniti che, dopo aver studiato legge, entra in politica tramite un’azzeccata unione di populismo e malintesi interessi progressisti, arrivando a diventare governatore; da qui, diviene naturale per lui puntare al senato e poi, perché no, alla Casa Bianca.
La storia è raccontata dal punto di vista del suo staff: il pavido e viscido Duffy, un tempo avversario, la sanguigna e sagace segretaria Sadie, la dimessa moglie Lucy, il bizzarro autista Sugar Boy e soprattutto Jack Burden, amico e addetto stampa, dall’ingombrante passato “aristocratico” del quale spera di disfarsi attraverso il suo legame con Talos.
Le dinamiche private e politiche si intrecciano in modo sempre più stretto, fino a che il meccanismo si inceppa e per il “re” si prospetta una spettacolare caduta.
Vagamente ispirato a una storia vera, quello di Warren può essere annoverato nel genere del romanzo politico, che ha fatto spesso la fortuna della narrativa statunitense ma che si presta ottimamente a una lettura “universale”. Infatti non solo analizza in modo dettagliato e critico le dinamiche della politica contemporanea, dei suoi eccessi e delle relazioni più o meno lecite che la animano, ma offre anche, attraverso la storia collaterale del vero protagonista, un interessante e sostanzioso racconto di formazione: quella di Jack Burden, un tempo studente di storia che ha lasciato a metà il dottorato. Attraverso Jack, l’autore, oltre a se stesso, intende descrivere quella parte della popolazione “sudista” ancora incapace di scrollarsi di dosso il “peso” (in inglese burden, tipico “nome parlante” che può alludere anche all’onere, al fardello) delle conseguenze della Guerra di Secessione e di trovarsi una collocazione sociale e politica in un mondo in cui le disparità di classe, razza e posizione economica ingabbiano ancora la vita quotidiana.
La lenta ma implacabile preso di coscienza di Jack, che va di pari passo con lo svelarsi della reale natura populista e megalomane di Talos, gli permette di analizzare con mente sempre più lucida e distaccata, da storico, il comportamento di chi gli sta accanto; così l’ammirazione e l’amore che crede di provare per chi lo circonda lasciano il posto a una fredda disillusione quando comprende il carattere egoista della madre, l’ambizione della donna amata e la bassezza morale del vecchio giudice che fu una volta suo mentore.
La prosa di Warren, che con questo romanzo ottenne il Pulitzer, è lirica, meditata, ricca di sfumature psicologiche e filosofiche, abile nelle digressioni quanto nelle descrizioni. Spesso l’autore fa ricorso a citazioni bibliche e letterarie, e attinge a piene mani dal linguaggio e dalla cultura popolare americana e anglosassone, senza però che la traduzione italiana più recente, pur ottima, riesca sempre a coglierne il sottotesto, compresa la filastrocca che dà il titolo al romanzo e lo slang tradotto con espressioni un po’ troppo moderne per un romanzo ambientato nei primi anni Trenta del Novecento. L’effetto d’insieme è una lettura scorrevole e avvincente, a dispetto della mole del romanzo.
Un libro per chi è interessato a cogliere i molti spunti d’attualità, nonché agli appassionati di cinema: infatti è stato adattato ben due volte per il il grande schermo, nel 1949 (per la regia di Robert Rossen) e nel 2006 (regia di Steven Zaillian).