Un uomo ricostruisce, attraverso alcune lettere, la vicenda di un grande amore che lega la sua vita a quella di tre donne.
Questo brevissimo romanzo affronta il tema della realtà celata dall’apparenza, che è un cardine della sensibilità artistica giapponese: le protagoniste della vicenda vivono in modo da nascondere agli altri la propria vera essenza e i propri sentimenti più nascosti, al punto da creare un’immagine che non corrisponde affatto al vero io, ma che è funzionale al tipo di esistenza che esse si trovano a condurre. Tale necessità porta, com’è inevitabile, a una solitudine esistenziale perfettamente incarnata dalla figura dell’uomo con il fucile, nobile figura dietro la quale si intuisce un dolore tanto grande quanto controllato, lontanissima dallo stereotipo del cacciatore fischiettante e allegro cui l’immaginario collettivo ci ha abituato.
La dicotomia tra apparenza e sostanza non diviene la molla che rivoluziona un’esistenza: le lettere delle tre donne sono tutte di commiato, poiché le protagoniste sanno che è arrivata l’ora di cessare la finzione e che la lacerazione che questa ha generato nelle loro vite è insanabile. Non rimane altro che la solitudine, l’allontanarsi le une dalle altre e dall’uomo che tutte e tre hanno amato, mentre l’intensità della loro sofferenza, ma anche del loro amore, è l’unico ricordo che sia l’uomo col fucile che noi lettori porteremo nel cuore. Non si ha però l’impressione che tale decisione generi il dramma: Inoue Yasushi fa proprio il tipico punto di vista nipponico, profondamente zen, secondo il quale la realtà cambia a seconda del punto di vista dal quale viene esaminata; quindi non è possibile spiegarla o comprenderla in modo razionale – deve solo essere accettata.
Il romanzo è estremamente breve ma non si presta a una lettura superficiale, poiché la sua profondità necessita di essere a lungo meditata: lo consiglio a lettori preparati.