Desolation Road è un villaggio isolato, sperduto nel deserto di Marte, fondato da un viaggiatore all’inseguimento di un misterioso essere dalla pelle verde. Ogni tanto un treno si ferma nella sua stazione e chi scende a Desolation Road resta per sempre, andando a costituire una comunità che ricorda quelle dei pionieri del Far West, con le loro piccole attività e il saloon dove incontrarsi.
Il tempo passa, la cittadina cresce e l’isolamento finisce, perché le grandi corporazioni che regolano la colonizzazione di Marte si interessano alle ricchezze del suo sottosuolo e cercano di inglobarla in un sistema spersonalizzante di feudalesimo industriale. Qui il romanzo registra un primo cambio di ritmo: la trama assume portata più ampia, introducendo tematiche sociali e religiose, abbandonando parzialmente la struttura episodica per un intreccio di denso e serrato, mentre il tono del racconto si fa meno fiabesco, più teso, fino a rallentare nel finale.
Romanzo di fantascienza davvero particolare, pubblicato in inglese nel 1988 ma solo da poco giunto sui nostri scaffali, Desolation Road coniuga l’ispirazione lirica e l’impostazione corale del marqueziano Cent’anni di Solitudine – col quale condivide anche alcuni punti della trama – allo stile “ingenuo” e fiabesco del Bradbury di Cronache Marziane: il villaggio del titolo risulta così un luogo dell’anima, simbolo della condizione umana e della sua lunga storia, mentre i personaggi risultano figure archetipiche, mai stereotipi, che entrano ed escono dalla scena senza scosse di pathos. La prosa dell’autore, ben resa nella traduzione italiana, è ricca e forbita senza essere mai pesante e garantisce la scorrevolezza della lettura, anche se qualche punto meno fluido si incontra.
Per chi della fantascienza ama la componente più prettamente fantastica e quindi non si scandalizza per la presenza di elementi scientificamente poco plausibili ma si abbandona all’aspetto affascinante del racconto e dell’ambientazione. E per gli estimatori del realismo magico, di Marquez in particolare, perché costituisce un’originale rivisitazione del genere.