L’anno del gatto è un romanzo giallo che si distingue per la trama paradossale e i toni surreali, che trascendono il genere poliziesco tradizionale. La storia inizia come una semplice indagine sul macabro ritrovamento di gatti mutilati, ma si evolve presto in qualcosa di ben più oscuro e complesso, con collegamenti inattesi che portano la polizia a indagare nell’istituto scolastico più rispettabile della città.
Protagonista è il commissario Aldo Maria Pancaldo, recentemente trasferito a Firenze, che si trova ad affrontare un’indagine che inizialmente sembra di routine, ma che si trasforma in un viaggio inquietante attraverso i misteri della città e dei personaggi che la abitano.
Uno degli elementi di forza del romanz è la caratterizzazione dei personaggi. Robledo ci presenta una serie di figure variegate e legate fra loro: il professore di filosofia Achille Mugnai, che ama e ospita gatti ma si ritrova inaspettatamente al centro dell’indagine; Paco Cotillas, il lettore di spagnolo, che convive con l’avvocato separato Luca Montieri; Orazio Grilli, il preside dell’istituto, che ogni mattina si reca alla chiesetta di San Martino per aprirla, riflettendo sulla schiavitù degli impegni presi per leggerezza; e tutte le altre figure che popolano queste pagine ricche dell’umanità più varia.
Un altro è l’ambientazione: Firenze diventa un personaggio a sé stante, con le sue strade, i suoi monumenti e i suoi segreti, che Robledo riesce a far vivere e respirare tra le righe. I lettori che conoscono la città si sentiranno particolarmente coinvolti, grazie alle descrizioni vivide che ci restituiscono una Firenze quasi magica, sospesa tra storia e mistero.
Il romanzo si distingue anche per gli ammiccamenti a persone e situazioni reali, arricchiti da momenti di puro umorismo e citazioni sottili: l’autore sembra voler giocare con noi lettori, disseminando lungo la trama indizi che richiamano la celebre “pistola di Cechov”: tanti elementi apparentemente casuali che acquisiscono un significato decisivo proprio alla fine, culminando in un colpo di scena che sorprende per la sua precisione.
La narrazione è fluida, articolata con uno stile leggero che però non rinuncia alla profondità, soprattutto nelle riflessioni finali, che ci lasciano a interrogarci sul significato delle scelte dei personaggi. Un romanzo in continua accelerazione, che ci tiene incollati alle pagine e che si arricchisce man mano di tensione, fino a uno scioglimento imprevedibile ed efficacissimo. La struttura narrativa è sapientemente costruita, e alla lunghezza dei capitoli sopperisce la suddivisione in paragrafi, che scandisce le scene con ritmo sincopato.
Romanzo intrigante e complesso, riesce a mescolare elementi di giallo, ironia e riflessioni sulla condizione umana. Carlos Robledo dimostra di avere una penna raffinata, capace di passare da toni leggeri a momenti di grande intensità emotiva e di mantenere sempre alta la curiosità del lettore.
Un’opera che consiglio vivamente agli amanti dei gialli, soprattutto quelli non convenzionali, e a chi apprezza storie che, dietro la facciata del mistero, rivelano considerazioni incisive.