Banana Yoshimoto – Kitchen

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Kitchen è il classico caso in cui, alla fine della lettura, si può dire che è stato un romanzo “breve ma intenso”, ma non memorabile come ci si aspettava.

La storia è raccontata dalla prospettiva di Mikage Sakurai, una giovane donna che, dopo la morte della nonna, si ritrova sola al mondo e in cerca di un posto dove sentirsi a casa.
La narrazione si sviluppa in due parti distinte. Nella prima, Mikage viene invitata da Yuichi Tanabe ad unirsi alla sua eccentrica famiglia in attesa di trovare una sistemazione migliore. Qui conosce la madre di Yuichi, Eriko, che scopre essere stata il padre il quale, dopo la morte della moglie, ha deciso di cambiare sesso. Insieme, i tre componenti della nuova, strana famiglia cucinano, mangiano e condividono momenti di intimità, formando un legame che diventa sempre più importante per Mikage.
Nella seconda parte Mikage, che ormai vive da sola e ha quasi perso i contatti con i Tanabe, subisce una nuova perdita che la porta a riflettere sulla natura transitoria della vita e sulla difficoltà di accettare il cambiamento. In questo momento di crisi, scopre una nuova forza interiore che le consente di affrontare le difficoltà della vita con coraggio e fiducia rispecchiandosi in un ritrovato Yuichi, con cui condivide l’essere divenuti orfani.

Kitchen è un romanzo che vorrebbe essere delicato e commovente, e affrontare temi universali con un tocco leggero ma struggente. La scrittura di Banana Yoshimoto è semplice ma evocativa, e l’uso d’immagini e metafore crea un’atmosfera irreale che si adatta perfettamente alla natura malinconica della storia.

In appendice Moonlight Shadow, un racconto originariamente realizzato come tesi di laurea, segue la vita di una giovane ragazza di nome Satsuki, che cerca di affrontare il dolore per la morte del suo ragazzo, Hitoshi anche attraverso il rapporto con il fratello del defunto, che nello stesso incidente ha perso la fidanzata. Mentre passeggia nella notte, incontra una donna misteriosa di nome Urara, che ha perso il suo compagno nella stessa tragedia che ha colpito la vita di Satsuki. Urara diventa un’amica preziosa, e insieme cercano di superare la loro perdita attraverso un evento unico, che si verifica ogni cent’anni.
Il racconto è scritto con la stessa sensibilità di Kitchen e affronta temi simili (perdita, lutto e crescita personale). Le due opere, nel complesso, sono caratterizzate da una leggerezza che, se da un lato favorisce l’immersione nelle due vicende, dall’altro finisce con il peccare di una certa superficialità, sia laddove glissa e lascia irrisolti alcuni nodi fondamentali, sia nella mancata introspezione dei personaggi, che viene evocata ma mai affrontata. E forse proprio in questo sorvolare e trascurare sta l’enorme successo dell’opera, che consente partecipazione ed empatia senza il rischio di essere eccessivamente coinvolti o d’incupirsi.

Kitchen è senz’altro una lettura piacevole ma l’unico segno che lascia è quello dei tempi (il romanzo è del 1988), che riflette perfettamente.

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Heiko H. Caimi, classe 1968, è scrittore, sceneggiatore, poeta e docente di scrittura narrativa. Ha collaborato come autore con gli editori Mondadori, Tranchida, Abrigliasciolta e altri. Ha insegnato presso la libreria Egea dell’Università Bocconi di Milano e diverse altre scuole, biblioteche e associazioni in Italia e in Svizzera. Dal 2013 è direttore editoriale della rivista di letterature Inkroci. È tra i fondatori e gli organizzatori della rassegna letteraria itinerante Libri in Movimento. ha collaborato con il notiziario "InPrimis" tenendo la rubrica "Pagine in un minuto" e con il blog della scrittrice Barbara Garlaschelli "Sdiario". Ha pubblicato il romanzo "I predestinati" (Prospero, 2019) e ha curato le antologie di racconti "Oltre il confine. Storie di migrazione" (Prospero, 2019), "Anch'io. Storie di donne al limite" (Prospero, 2021) e "Ci sedemmo dalla parte del torto" (Prospero, 2022, insieme a Viviana E. Gabrini). Svariati suoi racconti sono presenti in antologie, riviste e nel web.

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