Agota Kristof – Trilogia della città di K.

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Tre romanzi forzatamente accorpati in un unico volume, tre aspetti differenti e conseguenti della stessa storia, tre piccoli gioielli che formano un unicum ma anche no, perché perfettamente autonomi pur formando un corpus unico.

Il grande quaderno. Scritto programmaticamente con lo sitle semplice e scarno delle fiabe (o della Bibbia), è la più originale delle tre opere. Narra l’infanzia efferata di due gemelli abbandonati nelle grinfie di una nonna avara e spietata durante la seconda guerra mondiale, e lo fa con un’adesione radicale al verismo di stampo giornalistico: Per decidere se è Bene o Non Bene, abbiamo una regola molto semplice: il tema deve essere vero. Dobbiamo descrivere ciò che vediamo, ciò che sentiamo, ciò che facciamo […] attenersi […] alla descrzione fedele dei fatti. Infanzia e crudeltà s’intrecciano in una narrazione dalla quale sono esclusi aggettivi e apprezzamenti (salvo quando proferiti dai personaggi) e dove la realtà senza scampo obbliga a scelte fuori dagli schemi. Un romanzo originale e intrigante, nel quale nessuno dei personaggi e dei luoghi ha nome, ma in cui la riconoscibilità è perfetta.

La prova. In un gioco di manipolazioni successive della verità e della menzogna, la Kristof crea una storia affascinante e ricchissima di spunti e personaggi allo stesso tempo credibili e surreali, fino a mettere in dubbio gli enunciati di verità del romanzo precedente e l’esistenza stessa di alcuni personaggi. Il finale, spiazzante, è tanto imprevisto quanto intelligente, in un gioco intellettuale spietato e senza scampo che affonda tanto nella ragione quanto nell’inconscio. Pregevole.

La terza menzogna. Due punti di vista differenti e continui movimenti temporali fanno di questa terza menzogna un tentativo di ristabilire la verità, così sfuggente nei suoi movimenti psicologici da risultare inafferrabile: le verità non sono mai uniche, come le menzogne, e il tutto si frammischia senza soluzione di continuità. Un romanzo leggermente inferiore ai due precedenti, ma non meno sorprendente.

Un trittico imperdibile, emotivamente coinvolgente e sconvolgente, illuminante su che cosa sia la vera letteratura.

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Heiko H. Caimi, classe 1968, è scrittore, sceneggiatore, poeta e docente di scrittura narrativa. Ha collaborato come autore con gli editori Mondadori, Tranchida, Abrigliasciolta e altri. Ha insegnato presso la libreria Egea dell’Università Bocconi di Milano e diverse altre scuole, biblioteche e associazioni in Italia e in Svizzera. Dal 2013 è direttore editoriale della rivista di letterature Inkroci. È tra i fondatori e gli organizzatori della rassegna letteraria itinerante Libri in Movimento. ha collaborato con il notiziario "InPrimis" tenendo la rubrica "Pagine in un minuto" e con il blog della scrittrice Barbara Garlaschelli "Sdiario". Ha pubblicato il romanzo "I predestinati" (Prospero, 2019) e ha curato le antologie di racconti "Oltre il confine. Storie di migrazione" (Prospero, 2019), "Anch'io. Storie di donne al limite" (Prospero, 2021) e, insieme a Viviana E. Gabrini, "Ci sedemmo dalla parte del torto" (Prospero, 2022) e "Niente per cui uccidere" (Calibano, 2024). Svariati suoi racconti sono presenti in antologie, riviste e nel web.

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