Cinzia Petri – Leggendo Cheever

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Quando apro gli occhi, c’è una ragazza nuda. Nuda sul serio, del tutto. Il collo scoperto nella luminosità acerba del mattino è di un pallore argenteo che mi ricorda la pancia dei pesci. Penso: “Sto sognando”. Mi alzo, cercando di non cadere in avanti, e mi ficco in bocca un paio di aspirine. La luce che filtra dalle persiane lasciate aperte mi provoca fitte di dolore proprio al centro del cranio. Mentre barcollo di nuovo verso il letto, nella mia testa vibra il flashback della sera prima, quando l’ho trovata in un bar. Sorseggiava un cocktail che la barista aveva preparato di fretta, mentre controllava il cellulare in modo ossessivo. Si era ficcata in bocca una manciata di noccioline e aveva tossito fino a lacrimare. Quando aveva bevuto per non strozzarsi, aveva emesso una smorfia. Quella roba doveva essere terribile.
Adesso è in camera mia, seduta per terra davanti alla libreria, intenta a leggere Cheever. Per un attimo, immagino di essere un malvivente vecchio stile e di dirle qualcosa di vagamente arrogante, con fare paternalista: “Cosa ci fa una ragazza come te in un posto come questo?”. Ma non lo dico.
Ha avuto un sacco di tempo per rivestirsi mentre dormivo ancora, e poi mentre fumavo a letto la prima sigaretta della giornata. Eppure, è nuda. Mi viene da ridere perché la scena ha qualcosa di peccaminoso e innocente insieme: leggere Cheever nuda. E non si tratta di una donna esile, ma di una con un grande corpo fremente, come quello di Alice dopo aver bevuto la pozione magica.
Quel che mi viene in mente osservandola è “stato di grazia”. Qualcosa che sfiora l’ebbrezza religiosa, una lettura sacra. Neanche si accorge che la sto osservando o, forse, fa finta di niente. È impassibile nella sua nudità come un dente devitalizzato, un fegato esposto. Nuda integralmente, in una fragorosa e genuina mancanza di pudore.
Non posso fare a meno di immaginare la faccia che farebbe il mio amico se gli descrivessi la scena. “E tu che hai fatto?” mi chiederebbe, sporgendosi in avanti, verso il centro del tavolino.
“È proprio questo il bello. Non ho fatto nulla”.
“Sei un infame bastardo”.
“Giuro!”.
“Cos’è, sei diventato schizzinoso?”.
“Macché. Mi sono fatto una doccia”.
“E poi?”.
“E poi niente. Quando sono tornato, non c’era più”.
“Come, sparita?”.
“Sparita. Puf! Hai presente? E mica solo lei, anche il libro”.
“Cheever?”.
“Proprio così”.
“Secondo me te lo sei sognato”.
“Impossibile, ho trovato i suoi slip in fondo al letto”.
“E non hai nemmeno provato a rincorrerla?”.
“Mi sono rimesso a dormire”.
“Cristo santo! Sei riuscito a rovinare un’immagine esplosiva”.

Illustrazione integrale

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