L’elegante donna bionda indugiò a lungo davanti al negozio di bomboniere. Più volte fu sul punto di attraversare il marciapiede ed allontanarsi, ma alla fine strinse al petto il manicotto di pelliccia ed entrò con passo deciso.
Al tintinnare dei campanelli appesi sopra la porta, la ragazza dietro il bancone sollevò lo sguardo. La labbra le si allargarono in un sorriso, ma gli occhi rimasero spenti.
«Buona giornata, signora. Posso aiutarla?».
«Sì», mormorò la donna. Poi un’espressione di stupore le si dipinse sul viso. «Lei è bruna!».
«Mi dispiace, non sono Bruna. Mi confonde con un’altra».
«Intendevo… I suoi capelli, sono bruni».
«Beh, lo sono sempre stati».
Un piccolo lampo attraversò gli occhi della cliente. «Mi scusi. Secondo mio marito, gli uomini preferiscono le bionde. E lei è così carina, che mi sembra strano che abbia i capelli scuri».
«Posso aiutarla?», tornò a domandare la ragazza, un po’ più aspramente.
«Oh, sì. Vorrei vedere delle porcellane. Qualcosa di semplice, un regalino per mia suocera».
«Ha delle preferenze? Un vaso, una statuina, un… Il mio fidanzato, invece, dice che le donne veramente affascinanti sono tutte brune».
«Ah, sì?».
«Una bionda si valorizza con un nonnulla, anche se non è un granché. Se una bruna è giudicata avvenente, invece, significa che lo è sul serio».
«È buffo che i nostri partner abbiano gusti così diversi».
«Un vaso va bene? O desidera vedere i piatti decorati? Sono dipinti a mano».
«Una statuetta, grazie».
«Da questa parte, sullo scaffale rosa. Abbiamo un’ampia scelta».
«È fidanzata da molto tempo?».
«Due anni».
«Due anni!».
«Gradisce un soggetto floreale o umano? Una classica dama del Settecento, magari? Ne abbiamo una che si dondola sull’altalena, in mezzo ai fiori, veramente deliziosa».
«Uno di quei putti alati andrà bene».
«Le persone di una certa età, di solito, preferiscono le damine. E lei, è sposata da molti anni?».
«Trenta il mese prossimo».
Un’ombra velò lo sguardo della commessa. «Lei è fortunata, se dopo trent’anni suo marito la trova ancora bellissima».
«Non ho detto questo».
«Io, a volte, temo che il mio compagno non mi stimi molto. Forse è davvero per colpa dei miei capelli».
«Non dica sciocchezze! Mio marito ha smesso di guardarmi in faccia dopo sei mesi di matrimonio. D’altro canto, non ha nemmeno l’occasione di farlo: è spesso fuori casa. Anche di notte».
«Il mio fidanzato mi regala un briciolo di attenzione solo quando minaccio di lasciarlo. Se lui non si decide a…».
«Sì…?».
«No, niente. Sono egoisti, gli uomini».
«Gli altri uomini, non so. Il mio, sicuramente sì».
«Anche il mio. È certa di non volere una damina? È migliore di questi orridi angioletti».
«Tanto a mia suocera non piacerà comunque. Perché il suo fidanzato non l’accontenta?».
La voce della ragazza tremò. «Non è proprio il mio fidanzato. Oh, non so perché mi metto a raccontare certe cose a un’estranea! In realtà non ho ancora ben compreso che cosa sono per lui».
«Forse ha un motivo per non essere chiaro».
«Sì. È incatenato a un’altra persona. Dice che la farebbe soffrire, perché è abituata alla sua presenza quotidiana e dipende completamente da lui».
«Ah, dice così?».
«Però, a volte, mi sembra solo una scusa. Durante un litigio, è arrivato a dirmi che potrebbe anche sostituirmi, se non divento meno insistente».
«Mio marito mi ha detto la stessa cosa, una volta».
«Appartiene a quel genere di persone che si comportano come se ti facessero un favore, a stare con te ogni tanto».
«E poi ti criticano quando tenti di movimentare le tue giornate stravolgendo le loro amate abitudini…».
«…o ti vietano di desiderare un posto decente nella loro esistenza…».
«…e ti fanno sentire una nullità. Una bionda nullità di contorno, da relegare ai margini della vita. Dopo il lavoro, dopo i soldi, dopo i desideri della madre. E dopo le varie amichette».
La comprensione illuminò il volto della ragazza. «Lei è Marta…».
«E tu sei Gabriella. Perdonami se sono venuta qui. Ma dovevo vederti, capire che cosa avevi più di me, a parte la giovinezza».
«Sapesse quante volte mi sono fatta la stessa domanda, pensando a lei!».
«Volevo anche pregarti di lasciarmi Guido, di non rovinare il nostro matrimonio. Ma ora…». Sollevò il capo, sgranando gli occhi. «Sai che cosa ti dico? Tienitelo. Sì, tienitelo. A pensarci bene, non lo rivoglio affatto. Ho fatto bene a venire qui».
«Che strano… Stavo pensando la stessa cosa proprio in questo momento».
«Hai capito che cosa ho detto? È tutto tuo! Te lo regalo, lo lascio libero. Anzi, lascio libera me stessa!».
«Ma io non so se stasera Guido mi troverà ancora qui, a sua disposizione…».
«A proposito, tieniti anche la statuetta!».
Il sole rimbalzava sui cristalli nella vetrina, disegnando trottole colorate sui muri color rosa antico del negozio. Marta lanciò alla ragazza uno sguardo disperatamente sollevato, poi scivolò in strada.
Gabriella rimase ad ascoltare i campanelli della porta che impazzivano, respirando a labbra serrate. I suoi occhi risoluti, adesso, erano pieni di luce.
FINE