Stelvio Di Spigno – Somnium

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Tendo la mano a una conca
inesplorata: sfilacciato dal ritmo
delle nubi, lo stesso cielo è diviso
secondo il fianco di osservazione. Come
un mare senza sponde, torna

in se stessa l’anima accecata, e perde
ogni insegna del giorno passato. Si sposta
un costone cadente e romba un tuono
come dall’aldilà. Ma non lo sento.

La vita continua negli ossari
o nel ricordo? Nella storia o nelle steppe?
con noi o senza noi? La risposta
a questi allunaggi della mente
è dovuta. Con parole troppo grosse,
talvolta, ma il silenzio non è ammesso.

Le tre di notte, fumo intorno al letto,
odore di brace dal camino. Ho abbracciato
l’amore di una donna a me uguale,
solo più grande e senza destino.
Vorrei restare in questo lago di grazia,
le palpebre abbassate, il petto lento.

Faccio a caso due passi, mi colpisce
come un sasso il gallo delle periferie.
Con ancora più sangue
il sole invalido piomberà,
come la vendetta di una iena.


Dalla silloge “Minimo umano” – recensione di Sara Comuzzo

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