Sharko deve occuparsi di un nuovo caso: il ritrovamento, sotto un albero sradicato dai violenti temporali di agosto, di una donna, tenuta prigioniera in quella cavità per così tanto tempo da diventare quasi cieca. Ma ogni sua scoperta è già stata fatta da Camille Thibauld, una gendarme del nord che, da quando ha subito un trapianto di cuore, ha incubi in cui una donna sequestrata la chiama per chiedere aiuto.
Un ambiente, un’atmosfera, i personaggi e l’angoscia in poche righe:
L’ufficio spartano del commissario capo Bellanger, nelle viscere del 36 Quai des Orfèvres. Mozziconi schiacciati nei posacenere. Nulla di personale alle pareti. Né foto, né ricordi. Persiane abbassate per limitare il calore. I raggi del sole striavano il viso grave e affaticato del capo del gruppo, che aveva appena scoperto il contenuto della scatola da scarpe.
Quello sì che gli aveva dato una mazzata in testa.
Quasi in sottofondo, un ventilatore agitava un’aria stantia, pesante senza riuscire di alcun refrigerio. Il comandante si massaggiò le tempie a lungo.
– Dodici ragazze, Cristo!
Fissò Sharko, con aria cupa.
– E quel pazzo ha anche registrato quegli orrori.
Anche se il modello è sempre Grangé e spesso si valica il confine con l’horror, mi sembra un solidissimo romanzo. Anche Sharko è meglio delineato che nei precedenti. Insomma, ce ne fossero di autori italiani così…!