Buona la prima, Karoo!
C’è un lato comicamente oscuro nel sogno americano, e questo romanzo postumo dello sceneggiatore da Oscar Steve Tesich lo rivela con l’occhio disincantato del protagonista. Saul Karoo ha fatto fortuna come script doctor (“riscrittore” di sceneggiature), aggiustando trame zoppicanti e, talvolta, adattando pochi autentici capolavori al palato grossolano del grande pubblico. Quasi un killer su commissione, insomma, di sicuro uno stronzo, consapevole di esserlo con raro autocompiacimento.
Lo incontriamo a New York intento a recitare, in ogni occasione vagamente mondana, la parte della carogna o dell’ubriaco, o di entrambe le cose insieme, novello buffone di corte cui tutto è concesso. In realtà l’alcol, ingrediente necessario della socialità d’oltreoceano, curiosamente non produce più alcun effetto su Karoo; almeno stando a quanto afferma il personaggio.
Uno dei leit motiv del romanzo, ripetuto in infinite e godibilissime variazioni, è legato all’avere un pubblico davanti al quale inscenare una rappresentazione dei fatti propri (opportunamente riscritti, si capisce): il mondo è teatro, figuriamoci per uno che lavora nel milieu dello spettacolo. “Recito, dunque sono” potrebbe essere il motto del protagonista. Tutto deve svolgersi in pubblico e per un pubblico, fosse anche solo quello costituito, al ristorante, dai vicini di tavolo ficcanaso.
Karoo parla in prima persona ma si percepisce dall’esterno come un personaggio delle proprie trame. Recita cercando di dare il meglio o, più spesso, il peggio di sé. D’altra parte, è intento a salvare il salvabile della sceneggiatura della sua vita. Non crede per niente nella riuscita dell’impresa, fino a quando…
L’azione si trasferisce a Los Angeles. Qui il protagonista decide di tentare l’happy end, di cedere all’ultima illusione di essere vivo, di credere a un riscatto grazie all’amore. La donna di turno non è una qualsiasi: Leila, cameriera e aspirante attrice, per Karoo è soprattutto la madre biologica del bambino che lui ha adottato vent’anni prima. In attesa di trovare il momento giusto per rivelarle la verità, il nostro la rende protagonista del film che è stato chiamato ad “aggiustare” ripristinando tutte le sequenze, tagliate dal regista, che la vedono presente. Per lei Karoo inventa una storia diversa, trovando le necessarie autogiustificazioni: “Così tanta vita (prese a raccontare il narratore in terza persona dentro di me) era stata sacrificata negli anni in nome dell’Arte; era ora che l’Arte venisse sacrificata in nome della vita”; “Il fatto è che avevo semplicemente preso un capolavoro trasformandolo per motivi personali in una banalità. Avevo preso qualche cosa e l’avevo trasformato in niente. (…) Avevo creato il nulla, ma un nulla di un fascino così ampio e accessibile da poter passare per qualsiasi cosa”.
Il povero Karoo si perde nell’inseguimento del lieto fine. Con sapienza Tesich fa a pezzi il mito di Hollywood. Questo romanzo è un piatto molto ricco, i cui ingredienti sono cucinati in uno stile sublime: Ci sono l’America, lo star system e l’intelligencija messi alla berlina, un triangolo edipico sui generis, un divorzio impossibile, una paternità struggente, il destino cinico e baro; ci sono la comicità e la tragedia, c’è la sfida del viaggio di Ulisse, c’è un uomo tutto intero: Karoo. Digerire tutto sarà forse difficile, ma regalerà al lettore ore di autentico piacere. Se avete amato Barney, amerete anche Karoo. Forse un po’ di più.
NOTA – Le citazioni da Karoo si trovano, la prima al termine del VII capitolo della seconda parte (pag. 223 edizione italiana); la seconda a metà del sottocapitolo 2 del primo capitolo della parte IV (pag. 259 edizione italiana).