Il saggio Corpi che parlano di Massimo Giuliani si apre con una breve introduzione in cui l’autore ci illustra il motivo che lo ha spinto a mettere per iscritto anni di appunti sul ruolo della metafora in psicoterapia: immediatamente ci fa comprendere che l’oggetto del suo studio, la metafora appunto, verrà indagata da un punto di vista nuovo, con un approccio differente da quello cui siamo abituati.
La prima operazione che sembra compiere Giuliani è condurci nel proprio ambiente di lavoro, la stanza di terapia, farci accomodare e quindi comunicarci le sue riflessioni. Il primo concetto su cui si focalizza è il registro linguistico che viene utilizzato quotidianamente: a volte non bastano le parole per spiegare le sensazioni o le emozioni che proviamo. Questo perché spesso le emozioni parlano attraverso il corpo, e talvolta è il linguaggio verbale a cercare nel corpo stesso i concetti per descrivere gli stati d’animo. Ecco perché nella stanza di Giuliani entra in scena il linguaggio metaforico, proprio per compensare questa “mancanza”. La cognizione della realtà è fondamentalmente metaforica.
Il secondo capitolo si apre con affermazioni forti come quella appena citata, che ci fanno riflettere sull’idea comune e sui pregiudizi che abbiamo nei confronti della metafora e che, di conseguenza, ci mette di fronte a una nuova interpretazione. Per Giuliani l’espressione metaforica non è un modo di dire qualcosa che si potrebbe anche dire diversamente, ma una modalità di pensiero creativa che aiuta ad esprimerci in merito a un’esperienza. Un esempio pratico? Avere un grattacapo oppure perdere la testa per qualcosa o qualcuno. Vi sono vari tipi di metafore in psicoterapia, ma sembra che le strutture linguistiche della metafora procedano sempre dal concreto -l’esperienza nel mondo in cui ci muoviamo– verso l’astratto. La metafora dunque non si riferisce a cose, bensì a contesti e relazioni.
Tornando a porre l’attenzione sulla psicoterapia, come descritto nel terzo capitolo, è possibile affermare come quest’ultima sia essa stessa una metafora: è un concetto astratto, qualcosa di intangibile ma che identifichiamo come una specie di contenitore. All’interno di questo spazio si muovono due attori principali, il medico e il paziente, che si relazionano tra loro, interagiscono e, quando arrivano a comunicare a livello metaforico, inaspettatamente si ritrovano sullo stesso piano. Non c’è uno che sa più dell’altro: ciò che viene a crearsi all’interno della seduta di terapia è una relazione alla pari che arricchisce il processo creativo metaforico di entrambi. In questo modo avviene pertanto l’incontro tra il mondo del terapeuta e i mondi dei pazienti, all’interno dei quali la metafora si manifesta nei rapporti creati all’interno dei vari contesti. Va da sé che non tutte le metafore avranno poi lo stesso futuro: alcune sorprendono, altre disorientano o, addirittura, in esse non riusciamo a trovare un significato abbastanza rilevante da permettere loro di “sopravvivere”.
Pensando ai protagonisti delle storie citate negli ultimi capitoli del saggio, dunque portate all’attenzione di noi lettori, risulta chiaro come il linguaggio metaforico metta in primo piano il corpo come matrice delle emozioni, facendolo “parlare” e rendendolo attivo, pronto per interagire con il mondo esterno. Del resto, come ci ricorda il titolo, si tratta di corpi che parlano un linguaggio differente da quello verbale – profondamente creativo e astratto, ma sostanzialmente un vero e proprio linguaggio.
Massimo Giuliani è uno psicologo e psicoterapeuta abruzzese. Da sempre molto attento al linguaggio e alla comunicazione, nel corso della sua carriera ha dato molto rilievo agli aspetti testuali e narrativi della seduta psicoterapeutica. Sviluppa così i suoi studi, a volte definibili “avanguardistici”, su nuove concezioni di terapia: in primis come forma d’arte e poi, soprattutto, come opera creativa.
Quest’ultima prospettiva si sposa particolarmente bene con la metafora, l’oggetto di studio trattato in questo suo interessante saggio. La metafora, generalmente considerata uno strumento linguistico molto utilizzato quotidianamente, ora viene indagata partendo da un nuovo punto di vista: non è solo un modo, una strategia retorica per dire qualcosa con altre parole, più dolci o convincenti a seconda del caso; bensì è vista come un processo creativo della mente che permette di capire e interpretare la realtà astratta che è dentro di noi. E qui sta la sorprendente novità indagata e descritta da Giuliani.