La “Cecità” di José Saramago

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Quando la lettura diviene un’esperienza fisica 

In tempi di coronavirus la lettura di quest’opera di Saramago è pressocché un obbligo.
La trama è nota: l’umanità viene inspiegabilmente colpita da un’epidemia di cecità. Il romanzo narra le vicende di uno sparuto manipolo di ciechi, sullo sfondo di una società che si trova, da un giorno all’altro, non vedente.
La narrazione è tutta centrata sulla presa d’atto del nuovo stato e sulle reazioni che ciò comporta, rifiutando di addentrarsi nelll’interiorità dei personaggi e rifuggendo da qualsiasi analisi psicologica. Scegliendo di limitarsi a raccontare i fatti, Saramago crea scene dal forte impatto emotivo; le descrizioni sono crude e immersive: non soltanto vediamo il lordume di cui si incrostano via via i corpi e gli spazi, ma ne percepiamo l’odore, ne tastiamo l’immonda vischiosità. E anche quando chiudiamo il libro, persiste nella mente e quasi nel corpo la sensazione di aver vissuto un’esperienza non solo intellettuale, ma anche fisica.

Saramago descrive, con distacco e con stridente ironia, il progressivo abbruttimento di un mondo in cui homo homini lupus e in cui si dimentica dall’oggi al domani ogni valore etico e morale. Potremmo parlare di un’umanità bestiale, se alle bestie l’autore non dedicasse uno sguardo indulgente, intensamente ritratto nel personaggio del cane delle lacrime. E tuttavia, nell’orrore crescente che permea ogni pagina, si può cogliere un debole, debolissimo barlume di speranza, che l’autore trova nell’universo femminile: in un mondo in cui i maschi diventano bruti o inetti, sono le donne le uniche a conservare una parvenza di umana dignità.
Oggi ci chiediamo se usciremo migliorati o peggiorati dalla quarantena imposta dal covid-19; la risposta data dal romanzo, in tempi non sospetti, lascia pochi margini di dubbio: anche se il cielo stellato è sopra di noi, non c’è nessuna legge morale dentro l’uomo.

Una storia cui non si vorrebbe credere, ma della quale non possiamo che amaramente riconoscere la verosimiglianza. Una lettura difficile da dimenticare. Pregnante.

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Antonia Buizza è nata a Brescia nel 1972 e ha trascorso tutta la sua vita a scuola, passando senza interruzioni dal banco alla cattedra. Attualmente insegna lettere in una scuola media della Franciacorta. vive in Franciacorta, dove svolge l'attività di insegnante. Recentemente ha pubblicato la sua prima antologia di racconti, "Fuori fa bel tempo" (Prospero, 2017).

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