Il lato umano del potere
Per i molti che hanno scoperto la scrittura di John Williams con il suo romanzo più famoso, Stoner, questa “nuova” opera del 1972, ristampata sull’onda del successo tardivo dell’autore, potrebbe farci sospettare il profumo stantio della strategia di vendita.
Niente di più sbagliato. Ci troviamo di fronte a un’opera ambiziosa, ricca di spunti di riflessione, in cui John Williams infonde la sua abilità narrativa, superando i limiti imposti dal romanzo storico, per restituire al lettore il ritratto vigoroso e vivamente umano dell’imperatore Cesare Ottaviano.
Augustus è opera d’immaginazione e, sin dalla prefazione dell’autore stesso, rinuncia dichiaratamente all’esatta cronologia e al totale rigore storico, per introdurci nelle vicende di un uomo chiamato a cambiare il mondo, ma di cui lo scrittore sceglie di rappresentare il lato più umano, intimo e complesso, seducendo il lettore con la prosa ricchissima e l’eco degli eventi storici dell’antica Roma dilaniata da guerre civili, corruzione, intrighi e lotte di potere.
Attraverso un canovaccio a più voci, John Williams si affida a diari, rapporti militari, brani in versi e frammenti di lettere, creando un testo complesso ma assolutamente coinvolgente. Delega il racconto alla polifonia di uomini e donne che hanno intessuto la propria vita con quella di Cesare Ottaviano, siano essi amici o rivali, restituendo ad ognuno un distinto accento e una personale visione degli eventi narrati: Cicerone, Marco Agrippa, Marco Antonio, Mecenate, le mogli, le amanti e molti altri, fino alla figlia Giulia e ad Ottaviano stesso, ci accompagnano in questa riflessione che scava nell’anima e nel cuore dell’imperatore del mondo, con la consueta abilità di Williams nella costruzione psicologica dei personaggi.
La forza di Augustus consta nell’umanità conferita al protagonista, relegando in secondo piano l’accuratezza storica della narrazione. Nel ritratto intimo e tragico di Cesare Ottaviano si celano pagine di straordinaria bellezza, che avvincono e muovono a interrogarsi sulla scrittura, su passioni e i desideri, sulla natura stessa dell’uomo. La ragione di stato, i compromessi, i sacrifici, le solitudini e le contraddizioni di un uomo destinato a reggere il mondo si snodano nei molteplici ruoli del protagonista: di ragazzo, di erede adottivo di Giulio Cesare, di giovane uomo alla guida di un impero; ma soprattutto brilla l’uomo costretto a scegliere sempre fra doveri pubblici e desideri privati, fra l’essere l’imperatore celebrato come un dio e il padre affettuoso, il marito e l’amante. Ne emerge un uomo profondamente solo, schiacciato dal peso delle responsabilità, che Williams ci rende vicino e amico, ed è facile dimenticare il personaggio storico a vantaggio del semplice essere umano.
Particolarmente toccanti sono le pagine che tratteggiano il rapporto con l’amatissima figlia Giulia, simbolo contraddittorio del ruolo femminile nella capitale dell’impero, che verrà “usata” come merce di scambio e di potere politico. Roma, che finalmente conosce pace e prosperità, non può conoscere il prezzo privato che queste comportano: le rinunce, le alleanze, i matrimoni, l’intima sofferenza.
Le pagine in cui cessa di essere l’imperatore del mondo, per rivestire il semplice ruolo di padre, sono le più intense ed intime, e vi aleggia una profonda malinconia che è difficile ignorare.
Una riflessione sul potere che trascende il tempo e lo spazio: osserviamo il cuore di un imperatore, vi leggiamo i doveri cui è chiamato a piegarsi e il prezzo talvolta altissimo che il governare comporta.