William Faulkner – Luce d’agosto

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In un’immaginaria cittadina del sud degli Stati Uniti si intrecciano le storie di una ragazza abbandonata dall’amante mentre è in attesa di un figlio, di uomo ossessionato dall’idea di avere sangue afroamericano nelle vene e di un pastore caduto in disgrazia e abbandonato dalla sua comunità. L’intera vicenda ruota essenzialmente intorno all’emblematica e antieroica figura di Joe Christmas, personaggio arrovellato dal dubbio e tormentato dalla consapevolezza di non conoscere se stesso: questa consapevolezza, che l’autore trasmette magistralmente al lettore, è cagione del suo dramma e della sua perdizione, secondo uno schema che Faulkner mutua direttamente dalla tragedia classica. Non conoscersi significa non essere, e quando questa evidenza si fa chiara nella mente di Christmas, il suo agire, fino a quel punto incoerente, assume i caratteri di una lucida missione omicida.

L’autore racconta la storia creando scene statiche, nelle quali i personaggi sono presentati per lo più isolati e in balia delle loro stesse inquietudini interiori, come fissate in una vecchia fotografia in bianco e nero scattata al nitore della luce estiva, della luce del Sud, che mette in evidenza dettagli e particolari ed evidenzia impietosamente contraddizioni e mancanze, utilizzando una prosa superba, ricca di metafore, aggettivi, similitudini, digressioni ottimamente resa nella traduzione Adelphi, ma che rappresenta un’ardua sfida per un lettore che non sia adeguatamente preparato.
Se vi sentite pronti per questo viaggio introspettivo, ipnotico e straniante, lasciatevi andare: è una lettura che non dimenticherete.

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