“La calunnia è un venticello”
La calunnia è un venticello: così intona il dottor Bartolo nel Barbiere di Siviglia, la più celebre opere di Gioachino Rossini, ben sapendo che essa si introduce destramente nelle orecchie della gente e lì rimane ben salda.
Lo sappiamo subito che Katharina Blum è un’assassina: è lei, infatti, che si presenta da Moeding, il commissario di polizia, per costituirsi. Lo fa nel terzo capitolo, che inizia a pagina 5 per concludersi nella successiva. È singolare, infatti, la tecnica utilizzata da Böll in questo breve romanzo: ben 58 capitoli in sole 136 pagine, una media che credo costituisca un record. Ma ogni capitolo è essenziale: ognuno rappresenta una scena e dà informazioni sostanziali.
In questo testo del 1974 il premio Nobel racconta, ispirato da una storia vera, la malvagità di cui può essere capace un giornalista pur di far vendere copie al giornale per cui lavora. Katharina è infatti una persona esemplare: è intelligente, ha sempre pagato le tasse fino all’ultimo centesimo e compie il proprio lavoro di domestica in maniera impeccabile. Ma è sospettata di essere l’amante di Ludwig, un uomo ricercato da tempo dalla polizia, e Tötges, il giornalista, fa di tutto per imporre all’opinione pubblica l’immagine di una donna malvagia: intervista sua madre e ne travisa le risposte, redime l’ex marito molesto che si vendica sulla moglie diffamandola, getta fango sui suoi datori di lavoro e su tutti quelli che le sono attorno. Non è importante che le cose siano a mano a mano smentite e l’onore della protagonista Katharina venga lavato da tutte le macchie: ormai è perduto, e lo sarà per sempre.
In L’onore perduto di Katharina Blum sono presenti un’attualità (basti pensare alle notizie false, le cosiddette fake news) e una profondità notevoli: giudicare ci fa sentire migliori, ci porta a ridimensionare i nostri peccati e i nostri errori, ci erge su un piedistallo che sembra innalzare la nostra morale al di sopra di quella degli altri; ci fa sentire immortali come Dorian Gray, mentre il nostro dipinto si sfigura in soffitta. Finché, un giorno, qualcuno, farà lo stesso con noi.
August Strinberg, nel suo Il temporale, dice una grande verità a proposito dell’animo umano: Una parola che è volata via, non la si riacchiappa più. Ed è quello che capita a Katharina nel romanzo di Böll, ma anche a molte persone nel romanzo della vita. Desolante è il commento finale della protagonista: «Del resto», dice, «come fa la gente a sapere che sono tutte bugie?».