Quante volte… quella notte

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Film insolito nella produzione di Mario Bava (Sanremo, 1914 – Roma, 1980), uno dei nostri più grandi autori di horror e fantastico, specializzato in gotico e thriller. Film così insolito che fino a ieri non mi era mai capitato di vederlo, fidandomi di recensori poco accorti e superficiali che lo liquidavano come un prodotto minore, come un Bava di serie C, perdibile e dimenticabile.

Lo stesso Bava mi aveva convinto che non era il caso di vedere la pellicola, perché la citava tra i suoi film che detestava, alla pari con Le spie vengono dal semifreddo (in realtà molto divertente!) e Cinque bambole per una luna d’agosto (e qui condividiamo).

Quante volte… quella notte viene girato nel 1968, ma è troppo in anticipo rispetto ai tempi e – per problemi con la censura causati da certe sequenze piuttosto spinte – vede la luce soltanto nel 1972. Risulta uno degli ultimi film di Bava, prima di Lisa e il diavolo e Cani arrabbiati, ma è stato girato subito dopo Diabolik.

Tutto lo stile di Bava viene fuori con prepotenza, dalla fotografia intensa a base di colori accesi, stile fumetto horror, passando per un eccesso di zoom e grande tensione narrativa. Impossibile non accreditare con certezza il film al grande regista ligure sin dalle prime sequenze, addirittura dalla visione della sigla a disegni animati che mette in primo piano un singolare psicanalista e le sue macchie che prendono il volo come farfalle.

Vediamo la trama che è soltanto una scusa per compiere un’indagine sulla psiche umana e sulle diverse sfaccettature della verità. Va da sé che è un contenitore ideale per esibire la bellezza di Daniela Giordano, molto nuda per i tempi e altrettanto sexy in diverse sequenze ad alto tasso erotico.

Tina (Giordano) e Gianni (Halsey) si conoscono in un parco alla periferia di Roma, escono insieme, passano la serata in discoteca, quindi a casa di lui, dove incontrano due amici con tendenze omosessuali: Duccio (Randall) ed Esmeralda (Petit).

La fine della serata viene raccontata in tre modi diversi. Tina fa un resoconto alla madre come se lei fosse una donna timorata di Dio e l’uomo una sorta di mostro che le strappa le vesti e tenta di violentarla. Gianni si vanta con gli amici di aver incontrato una donna libidinosa che ha voluto far l’amore per tutta la notte, sfinendolo letteralmente.

Il portiere guardone narra la vicenda come una storia di omosessuali che preferiscono stare insieme tra loro piuttosto che accettare la compagnia di una donna. Infine lo psichiatra – filo conduttore degli eventi e narratore onnisciente – racconta la vicenda come una normale storia d’amore, un incontro tra un uomo e una donna foriero di nuovi sviluppi.

Un finale quasi romantico, ma non è certo che la verità sia quella narrata dallo psichiatra, visto che è proprio lui il primo a metterla in dubbio.

Lo spettatore non resta deluso dal finale aperto, in realtà il miglior finale possibile per un simile film. A titolo di mera curiosità dobbiamo dire che nel cartellone di intervallo tra il primo e il secondo tempo campeggia la scritta: Quattro volte… quella notte. Forse il titolo in lavorazione che ricorda le quattro verità esposte.

Mario Bava mostra tutta la sua abilità da tecnico della fotografia, inserisce una serie di dissolvenze a vortice già apprezzate in Diabolik, molti flashback a incastro, un tono di fondo psichedelico e tanta tensione narrativa, come se fosse un thriller.

Molto erotismo, insolito in Bava, che anticipa la commedia sexy, diverse sequenze di docce e rapporti erotici che evitano il nudo integrale maschile e femminile ricorrendo a provvidenziali piante, paraventi e pose innaturali. Minigonne a volontà, balli d’epoca (shake e yé-yé), musica ritmata e divertente, doppi sensi erotici a non finire e mai un attimo di noia, perché il film non presenta tempi morti.

Fotografia accesa tendente al rosso e al blu come negli horror gotici, attori molto bravi, su tutti i protagonisti, con una Daniela Giordano molto sexy, impegnata in una doppia caratterizzazione.

Il film vorrebbe essere un commedia sofisticata molto europea, come coproduzione tedesca impone, arricchita da un tono grottesco che permette di accettare scene di violenza e tanto erotismo.

Bava riprende in primo piano i corpi nudi, escludendo le parti più intime con grande abilità, arrivando prima degli autori della commedia sexy a sfruttare certi topoi: il guardone, il rapporto spiato, la doccia, la donna disinibita…Le nudità della Giordano si contano sulla punta delle dita e sono riferibili a inquadrature dei seni, ma la tensione erotica è notevole. Sceneggiatura a incastro perfetta, con il finale romantico che vede la coppia dirigersi a vedere l’alba sulla spiaggia di Ostia. Non è importante conoscere la verità…

La critica è inclemente con il Bava erotico, ma in compenso non ha mai capito neppure il grande autore di horror e thriller. Paolo Mereghetti (una stella e mezzo): “Bava, molto più a suo agio nel genere horror, tenta qui una ben poco convincente incursione nel thriller dai toni pirandelliani, ambizioso ma assai sconnesso nella struttura narrativa”.

Morando Morandini non perde tempo a commentare e ribassa il giudizio a una stella. Pino Farinotti riassume la trama, si rende conto che il film è un erotico e non un thriller, ma si ferma a due stelle. Sorprendente Marco Giusti (Stracult), che aggiunge al titolo un punto interrogativo finale, forse per dare un tono da thriller: “Più horror che sexy”. Che film avrà mai visto? Quando la critica fa veramente ridere.

Regia: Mario Bava. Soggetto e Sceneggiatura: Mario Moroni, Carl Ross. Dialoghi: Guido Leoni. Aiuto Regista: Lamberto Bava, Claudio Rainis. Montaggio: Otello Colangeli. Direttore di Luce: Antonio Rinaldi. Operatore alla Macchina: Salvatore Caruso. Assistenti Operatori: Carlo Tafani, Enrico Lucidi. Fonico: Raul Montesanti. Direttore di Produzione: Virgilio Muzio. Ispettori di Produzione: Maurizio Marvisi, Francesco Casati. Architetto: Andrea Crisanti. Costumi: Blanda. Produzione: Delfino Film. Interni: Stabilimenti Dino De Laurentiis Cinematografica spa. Registrazioni Sonore: Cinemontaggio (su apparecchi Westrex). Fonici: Sandro Occhetti, Fausto Achilli. Negativi – Positivi: Istituto Luce. Colore: Eastmancolor. Musiche: Lallo Gori. Edizioni Musicali: Nazionalmusic (Roma). Paesi Produzione: Italia – Germania. Case di Produzione: Delfino Film (Roma), Hape Film GMBH & co (Monaco). Produttori: Zeljco Kunkera, Claudio Rainis. Produttore Esecutivo: Alfred Leone. Interpreti: Daniela Giordano, Brett Halsey, Dick Randall, Valeria Sabel, Michael Hinz, Rainer Basedow, Brigitte Skay, Calisto Calisti, Pascale Petit.

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Gordiano Lupi (Piombino, 1960), Direttore Editoriale delle Edizioni Il Foglio, ha collaborato per sette anni con La Stampa di Torino. Ha tradotto i romanzi del cubano Alejandro Torreguitart Ruiz e ha pubblicato numerosissimi volumi su Cuba, sul cinema e su svariati altri argomenti. Ha tradotto Zoé Valdés, Cabrera Infante, Virgilio Piñera e Felix Luis Viera. Qui la lista completa: www.infol.it/lupi. Ha preso parte ad alcune trasmissioni TV come "Cominciamo bene le storie di Corrado Augias", "Uno Mattina" di Luca Giurato, "Odeon TV" (trasmissione sui serial killer italiani), "La Commedia all’italiana" su Rete Quattro, "Speciale TG1" di Monica Maggioni (tema Cuba), "Dove TV" a tema Cuba. È stato ospite di alcune trasmissioni radiofoniche in Italia e Svizzera per i suoi libri e per commenti sulla cultura cubana. Molto attivo nella saggistica cinematografica, ha scritto saggi (tra gli altri) su Fellini, Avati, Joe D’Amato, Lenzi, Brass, Cozzi, Deodato, Di Leo, Mattei, Gloria Guida, Storia del cinema horror italiano e della commedia sexy. Tre volte presentato al Premio Strega per la narrativa: "Calcio e Acciaio - Dimenticare Piombino" (Acar, 2014), anche Premio Giovanni Bovio (Trani, 2017), "Miracolo a Piombino – Storia di Marco e di un gabbiano" (Historica, 2016), "Sogni e Altiforni – Piombino Trani senza ritorno" (Acar, 2019).

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